San Marino, il medico viaggiatore dall’Alaska alla Patagonia: “Ho già percorso 40mila chilometri”

È partito per un viaggio on the road nell’agosto 2024 a bordo di un vecchio van che ha risistemato deciso ad affrontare la strada panamericana che si snoda dall’Alaska sino alla Patagonia. Per farlo il 35enne sammarinese Matteo Ceccoli ha messo in stand-by la sua carriera da chirurgo. Ma a che punto è la sua avventura?
Ceccoli, qual è stato il momento più difficile vissuto finora?
«Fatica a parte, non ho percepito grandissime difficoltà. Al momento non ho avuto problemi con la polizia o i militari né, per fortuna, con i malintenzionati. Forse il momento più difficile resta quando mi sono impantanato la prima volta nella sabbia in Arizona. Ho avuto problemi di surriscaldamento e scarsa potenza del motore verso Oaxaca: che fatica! Dovevo affrontare le salite in seconda».
Un giorno splendido?
«Tra i momenti più belli ricordo la sensazione di meraviglia e libertà, mista a cauto timore, alla discesa dal traghetto La Paz - Mazatlan che per me sanciva l’inizio del vero Messico. Ricordo con piacere anche i momenti di spontaneità e condivisione inaspettati, come quando sono stato invitato sul palco a suonare dal cantante di una band a Puerto Vallarta, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con lui durante una pausa sigaretta».
Mai pentito?
«Onestamente no, sebbene non manchino momenti di fatica e di difficoltà, in cui mi chiedo dove sto andando e perché lo sto facendo. Credo che a tratti sentirsi isolato e sperduto sia normale nella mia situazione, come la stanchezza. Ogni tanto avverto nostalgia di casa mia: la famiglia, gli amici, la normalità. Ma sono contento di ciò che sto facendo e sono orgoglioso di mettermi in gioco ogni giorno nel tirare fuori capacità di adattamento e di apprendimento».
Persone e paesaggi indimenticabili?
«Lungo il cammino ho avuto la fortuna di conoscere molti amici che hanno influenzato il mio viaggio. Quanto ai luoghi che mi hanno emozionato di più finora sono stati il Lake Louise nel parco di Yolo in Canada e il trekking di 40 km sui monti intorno. Il White Rim Trade affrontato in Jeep 4x4 in due giorni nel parco nazionale delle Canyonlands nello Utah. La spiaggia di Tecolote con i pellicani e i tramonti e la sua comunità di nomadi su quattro ruote nella Baja California Sur. Le palme e la foresta che arrivano fino all’oceano a Quimixto in Jalisco, le foreste sterminate di cactus enormi al sud di Tehuacan. I mercati di Tlacolula de Metamoros e di Huautla de Jimenez, i colori i profumi e le persone immerse nelle loro tradizioni. Infine le montagne e i fiumi del Chiapas, in particolare la formazione chiamata arco del Tiempo, davvero impressionante».
Cos’è cambiato nel suo mondo interiore in questi mesi?
«Questo periodo ha infuso una buona dose di fiducia in me stesso. Viaggiare necessita di un continuo adattamento, un apprendimento quotidiano rispetto alla lingua e ai luoghi pericolosi da evitare, ma anche alle situazioni sociali che attraversi, facendo fronte a problemi meccanici del van. E io amo cavarmela da solo. Sono molto fiero di me, ma è un processo in continua evoluzione. Dopo 10 mesi inizia la fase di adattamento alla fatica. Al momento ho percorso quasi 40mila chilometri e sono entrato in Belize».
L’arrivo finale resta la Patagonia? O il viaggio continuerà?
«La meta resta la Patagonia, tra Cile e Argentina, ma è così lontana che al momento è più un sogno che un obiettivo. Perciò se dovessi continuare a sognare, non sarebbe male risalire dalla punta meridionale del sud America la costa atlantica fino al Brasile e perdersi nella musica e nel suo ritmo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA