Il duro primo maggio degli stagionali in riviera: in nero e senza riposi

Ravenna

Denunce di nero, di lavoro irregolare, di ore di lavoro aggiuntive, in molti casi non retribuite. E’ il Primo Maggio di chi «quando gli altri si divertono, deve lavorare perché a questi sia consentito svagarsi». Carlo Sama, segretario provinciale della Uil, mette in guardia: «Abbiamo fatto centinaia di interviste a lavoratori stagionali in Riviera, durate fino alla chiusura della scorsa stagione, e il quadro è lo stesso di adesso: il motivo principale della difficoltà degli operatori turistici nel trovare personale non è la poca voglia di lavorare o il reddito di cittadinanza, che non esiste più. Il problema resta il basso livello salariale e le tutele troppo spesso negate». Dalle testimonianze raccolte dal Corriere Romagna in queste giorni e in base a quelle che hanno costituito la campagna “Zero schiavi in Riviera” (che ai questionari univa la possibilità di aggiungere resoconti scritti, con la garanzia dell’anonimato), in effetti la situazione risulta complessa: «E non è sanabile con un maquillage sugli stage che consenta anche ai minorenni che non studiano materie attinenti di poter lavorare nel settore. Tanti lavoratori, anche per una variazione degli ammortizzatori sociali che non agevola – prosegue Sama –, si orientano su altri settori per avere più sicurezze e più tempo libero. Destagionalizzando poi non si può pensare di avere il clima estivo strutturalmente garantito anche per i mesi primaverili e autunnali. E se per un weekend manca il sole, non penso si comprometta la stagione. Certamente, non può essere un problema che si possa far pesare sulle spalle dei dipendenti». Perché accade davvero che c’è chi pretenda di pagare meno, se piove.

Lo conferma una ragazza che ha lavorato in un hotel a Marina Romea, e che ha faticato a vedersi garantito quanto dovuto. Raggelante il resoconto di un’altra testimonianza, che fa capire come il problema non si evidenzi da breve tempo: «Lavoro nel settore stagionale ristorante/bar e balneare da 17 anni e ho quasi 30 anni. Ciò vuol dire che dai 13 ai 18 ho sempre lavorato in nero e il restante degli anni con contratti e condizioni pietose. I contratti sono sempre gli stessi: se hai meno di 29 anni ti fanno un apprendistato o un tirocinio per gli sgravi fiscali, altrimenti un part time fittizio, per poi arrivare a fine stagione con una miseria di Naspi.
La realtà dello stagionale è questa: da contratto sei in regola 4 ore al giorno con giorno di riposo, ma nella realtà ne lavori dalle 10 alle 13. Le retribuzioni sono metà bianco (solitamente dai 600 agli 800 euro) e il resto tutto nero».

Poi c’è chi lavorava in una piadineria nei lidi sud di Ravenna, «dalle 10:30 del mattino fino alle 21:30. Senza giorno di riposo e senza stacco durante la giornata. Paga de 1500 al mese, 1800 il mese di agosto». Un altro lavoratore spiega come gli siano stati chieste prestazioni «che non mi competevano, dichiarando meno ore in busta. Questo significa perdere contributi per la pensione e la Naspi. Le stanze per i lavoratori, poi, erano in pessime condizioni sanitarie». Desolante anche il resoconto di chi, da tre anni nel settore, la prima stagione è stato impiegato «in un bagno al mare come cameriere: sono stato pagato per lavorare tutti i giorni nove ore circa, quasi tutta l’estate senza giorno libero a parte giugno. Stipendio di 800 euro fino a un massimo di mille, di cui circa metà fuori busta con staordinari di 3/4 sere totalmente non retribuite.
Stabilimento balneare che faceva 300 coperti al giorno e non aveva alcun bisogno di sottopagare».

Un quadro che, secondo Sama «non è quello di casi limite, per quanto tanti imprenditori si comportino regolarmente. E fornisce risposte a tanti dei quali, nel mondo politico o datoriale, si chiedono come mai sia così difficile trovare lavoratori per la stagione estiva».

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