Evade dall'ergastolo dopo l'omicidio a Cesena: "Ero stufo dello stesso lavoro in detenzione, ma ora sono pentito"

Ha deciso di scappare dalla reclusione perché, dopo 3 anni di servizio in una caserma di polizia, non veniva trasferito al “lavoro diurno” presso una cooperativa privata, che è l’anticamera della liberazione. «Non sapevo neppure dove andare e non avevo con me neanche le mie medicine salvavita. Sono pentito per ciò che ho fatto e vi chiedo scusa».
Mancavano pochi anni alla fine della pena per omicidio ed era da tempo in regime di semilibertà: usciva dal carcere di giorno per andare a lavorare, ed in “cella” a Parma (peraltro in una zona adiacente al carcere, usata solo come dormitorio) tornava soltanto la sera per riposarsi. Il 59enne Enzo Berni, cesenate di origini sampierane, dal carcere era scappato. Sfruttando la sua condizione di detenuto modello che non lasciava ipotizzare nessun “colpo di testa”. Venne ritrovato dopo tre giorni di ricerche da parte della polizia e per quel periodo di latitanza ora può vedersi allungare di parecchio la pena.
Ieri pomeriggio in tribunale a Parma è proseguito il processo per evasione ed a parlare è stato proprio l’imputato. Berni è stato l’unico condannato all’ergastolo per l’omicidio di Thomas Salaroli avvenuto il 26 dicembre del 1997. Il cadavere del 17enne cesenate venne ritrovato, centrato da un colpo di pistola alla testa, ai piedi della chiesa di Santa Lucia in zona Roversano. Materialmente a sparare ed uccidere fu un minorenne ma Berni, processualmente, è stato considerato dai giudici l’unico meritevole dell’ergastolo: che in Italia significa una pena di poco superiore ai 30 anni. Pena che, nel tempo, scende per buona condotta e quasi mai (almeno se si è abbastanza giovani al momento della sentenza) si traduce in una condanna “a vita” come nell’immaginario collettivo.
La detenzione parmense di Enzo Berni era stata senza macchia fino a dicembre 2019. Di giorno lavorava come manovale e muratore nella caserma di polizia della Certosa. Alle 21 del giorno dell’evasione Berni non era rientrato a dormire. Per legge perché un detenuto venga segnalato come “mancante all’appello” devono passare 12 ore dall’orario di rientro fissato. Di lì in avanti è partita la caccia all’uomo. Berni aveva preso un treno e poi un bus spostandosi da Parma a Modena. Dopo tre giorni la polizia lo ha trovato in una casa abbandonata. «Non ne potevo più e, dopo 3 anni, ritenevo di essere nel diritto di passare dal lavoro diurno in caserma a quello in una cooperativa privata – ha detto ieri ai giudici Enzo Berni, difeso dall’avvocato Francesco Minutillo –. Quando mi sono recato in stazione ho acquistato un biglietto per Modena perché quella era la destinazione chiesta anche da una donna che aveva fatto il biglietto prima di me. Non avevo una meta precisa. Sceso dal treno e dal bus ho camminato fino ad un paesino. Ero anche preoccupato perché non avevo con me neppure le medicine salvavita. Sono veramente dispiaciuto e pentito di quello che ho fatto. Vi chiedo scusa».
In concreto ora Berni rischia di vedersi allungare di una decina di anni una pena che era quasi finita. La sentenza è prevista per la seconda metà del prossimo mese di aprile.