Tra le realtà emergenti in Romagna ci sono due giovanissime sorelle faentine: Anna e Angela De Leo, rispettivamente violinista e fisarmonicista. Per suonare musica popolare hanno scelto un nome geniale: Emisurela, che al di fuori della Romagna molti non capiranno che significa «e mia sorella», ma non importa. Negli ultimi mesi sono richiestissime ovunque, e hanno mille progetti.
Anna De Leo, a cosa pensa sia dovuto questo nuovo amore verso il liscio?
«Credo perché il liscio è semplice, e noi romagnoli siamo gente semplice, nel senso buono del termine, ovviamente. Noi romagnoli vogliamo suonare, ballare, stare insieme e bere un bicchiere di vino, come facciamo insieme ai Musicanti Improvvisi ogni martedì sera in piazza a Faenza. Più che “liscio” però, che è un termine che ha usato Raoul Casadei per primo, io lo chiamerei
tradizione romagnola , che discende da Zaclen, poi da Secondo Casadei». Voi vi ispirate quindi al liscio o alla tradizione precedente?
«Musicalmente abbiamo un approccio pre-liscio, che fa riferimento a manfrine, saltarelli e bergamasche, i cosiddetti
balli staccati ; come attitudine, invece, la intendiamo alla Glasgow, cioè sul modello delle clan sessions scozzesi e irlandesi, a base di musica e condivisione. Adesso stiamo facendo anche palchi più grandi, ma non abbiamo amplificazione stile Maneskin, solo un violino, una fisarmonica e voglia di far festa». Lei ha però una formazione classica.
«Infatti all’inizio, venendo da quell’ambito, la musica popolare mi sembrava troppo semplice o poco onorevole, ma poi me ne sono innamorata, e i miei studi classici li ho usati per quella».
Non solo musica popolare romagnola nella vostra attualità, visto che state lavorando al brano “Notte di mezzaluna”, con l’autrice Lu Colombo (quella che negli anni Ottanta piazzò la hit “Maracaibo”).
«Per adesso abbiamo fatto solo un demo, il pezzo uscirà in estate. Lu Colombo è una autrice e cantante straordinaria ma, nonostante l’enorme successo di “Maracaibo”, preferisce stare lontana dal music business. Ha scritto un intero album su storie di donne, anche tragiche, ma quel che mi piace del suo approccio è che non è “lagnoso”. Credo che noi donne non dobbiamo lamentarci, ma agire. Questo brano parla di un terribile fatto di cronaca accaduto a Novellara, purtroppo simile a molti altri: l’uccisione da parte di membri della sua famiglia di Hina Saleem, ragazza pakistana cui non perdonavano il voler vivere all’occidentale. Non voglio fare sciovinismo, ma il fatto che queste cose accadano nella nostra terra mi terrorizza. Il testo è metaforico e didascalico, trasfigurato in una sorta di storia alla De André, mentre per la parte musicale Lu ha voluto un valzer stile Secondo Casadei. Pur essendo milanese, lei ha capito la forza evocativa e a volte tragica dei brani di Secondo come, ad esempio, “Dolore”, che noi eseguiamo dal vivo, e a volte ci fa addirittura piangere».
Avete fatto anche un video con il produttore savignanese Tonino3000.
«È uscito per
Musica nelle aie (dal 12 al 14 maggio a Castel Raniero,
ndr), e lo faremo dal vivo il 13 maggio durante il festival. Lui ci piace un sacco come cantante, e siamo diventati amici; ogni tanto capita a casa nostra a provare delle cose, e così è nato questo brano che mescola alcune sue cose precedenti con una base liscio».
La prossima estate aprirete gli spettacoli comici del trio Pizzocchi, Cevoli e Giacobazzi.
«Per quello ho pensato al termine “avanspettacolo”, perché siamo prima di un vero spettacolo. Faremo due o tre pezzi di liscio cantati in dialetto prima di ogni data in tutta Italia, e se il liscio cantato in dialetto arriva su un palco così importante, per me è il massimo».
Da tempo andate anche a suonare nelle case di riposo.
«Quando parlavo della commozione nel suonare “Dolore” di Secondo Casadei mi riferivo proprio a quelle occasioni. Vedere negli occhi degli anziani passare i ricordi, l’emozione e la felicità che un brano di liscio può evocare è un’esperienza fortissima. Parliamo con loro per spiegargli che, anche se siamo giovani, siamo ancora qua che portiamo avanti quella storia, e per loro è incredibile e toccante. Si stupiscono che non facciamo la trap e noi siamo felicissime. Io insegno anche ai bambini, e negli occhi degli anziani vedo le stesse cose. Devo riconoscere che a volte loro hanno una mentalità per me difficile da capire, per esempio sull’accettazione delle diversità, ma è bello confrontarci anche su quello».