Sarsina, Russi, Forlimpopoli. Parla la direttrice museale Timossi

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Dall’1 agosto il Museo Archeologico Nazionale di Sarsina ha una nuova direttrice. Si tratta di Federica Timossi, che ha assunto contemporaneamente anche la direzione dell’Area archeologica della Villa romana di Russi e del Museo Archeologico di Forlimpopoli.

Classe 1986 (si tratta infatti della più giovane direttrice di un museo statale della regione), di origini genovesi, è dottoressa di ricerca in Scienze umane, laureata e specializzata in Archeologia all’Università di Bologna. Dal 2018 lavora per il ministero della Cultura. Succede ad Alessandro Marchi come direttrice di questi luoghi.

Il museo di Sarsina permette di conoscere la valle del fiume Savio dalla preistoria al medioevo e la storia della città romana di Sarsina, mentre la Villa di Russi è una delle meglio conservate dell’Italia settentrionale. Infine, il museo di Forlimpopoli ospita reperti del territorio circostante che vanno dal paleolitico al medioevo, alla scoperta in particolare dell’antico centro abitato di Forum Popilii.

Timossi, come si sente ad assumere un ruolo così importante in ambito culturale?

«Sono molto emozionata per questo incarico e sento un forte senso di responsabilità verso questi luoghi della cultura, gli stessi in cui ho mosso i miei primi passi come archeologa: della Villa romana di Russi, ad esempio, ricordo ancora nitidamente l’impressione che ne ebbi durante la mia prima visita, ormai dieci anni fa, da specializzanda in Beni archeologici all’Università di Bologna. Studiare e vivere questi luoghi è, secondo me, una parte fondamentale della crescita e della formazione di tutti e in particolare dei professionisti della cultura».

Perché è così importante difendere e far conoscere questo patrimonio, che racconta una storia così lontana?

«Richiamando la Convenzione di Faro – che sottolinea gli aspetti importanti del patrimonio culturale in relazione ai diritti umani e alla democrazia, promuovendone una sua più ampia comprensione in relazione con le comunità e la società – questi beni costituiscono un insieme di risorse ereditate dal passato che sono a nostra disposizione. La storia che raccontano, anche se può sembrare lontana nel tempo, risuona con le problematiche del presente e può aiutare ad affrontare i problemi di oggi e di domani».

Cosa ci può dare, ancora oggi, conoscere e osservare questi resti dell’antichità?

«Le strutture e i reperti archeologici danno, in primo luogo, la possibilità di vedere concretizzate le informazioni storiche, scoprendo non solo i grandi eventi ma anche la vita quotidiana, le scelte e le emozioni di chi ha vissuto questi luoghi nell’antichità. Le aree e i musei archeologici sono prima di tutto spazi che permettono esperienze nuove e favoriscono la crescita personale».

Ritiene che i musei oggi siano abbastanza valorizzati o si potrebbe fare di più?

«Valorizzare i musei e le aree archeologiche oggi significa renderli non solo luoghi che conservano, proteggono e tutelano i beni culturali, ma anche luoghi di apprendimento, di studio, di ricerca. Devono essere spazi vivi di confronto e relazione, che accolgono e siano accessibili per una platea di visitatori sempre più ampia. Questo dovrebbe essere vero in particolare per le comunità locali, che dovrebbero sentirsi a casa al museo o nell’area archeologica».

Lei è direttrice di diversi siti museali. Quali sono le peculiarità e i punti di forza di ciascuno? E invece le cose da migliorare?

«Visitare questi diversi luoghi della cultura dà la possibilità di viaggiare nella nostra regione ai tempi dell’antica Roma. Per fare solo due esempi, nell’area archeologica della Villa romana di Russi è possibile attraversare gli ambienti e le aree aperte (atri e peristili, ovvero cortili interni) di una villa urbano-rustica, che in età romana era la tipica residenza dei proprietari terrieri di tutta la campagna emiliano-romagnola; mentre il museo di Sarsina racconta la storia della fiorente città romana di Sassina e di coloro che la abitarono, attraverso eccezionali mosaici policromi e imponenti monumenti funerari. Fondamentale per tutti questi luoghi è promuoverne la conoscenza, anche al di fuori delle specifiche aree di appartenenza, per ampliare la platea dei visitatori».

Che progetti ci sono per il futuro di questi musei?

«L’obiettivo principale – in linea con la nuova definizione di museo approvata dall’assemblea generale di Icom – è rendere questi luoghi sempre più accoglienti e accessibili, con una particolare attenzione al rapporto con le comunità locali, per cui dovrebbero diventare prima di tutto spazi da vivere. A questo dovranno affiancarsi alcuni necessari restauri e aggiornamenti degli allestimenti, per garantirne un ampliamento della fruizione dei contenuti, attraverso prima di tutto un linguaggio adeguato al presente».

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