«Chiudo e regalo tutto alla biblioteca Classense»

Rimini

RAVENNA. Un’altra attività storica del centro città chiude i battenti. Daniele Bianchetti, fotografo, 60 anni, lascia il proprio negozio di via di Roma a pochi passi da Porta Nuova. Per anni generazioni di ravennati lì hanno atteso lo sviluppo di rullini, hanno acquistato pellicole e materiale fotografico. Un patrimonio di negativi che racconta la vita di tanti cittadini e di molte famiglie: cerimonie, eventi importanti, battesimi, matrimoni, compongono una galleria di persone comuni riprese nel giorni della festa, dell’orgoglio o della commozione. Bianchetti ha deciso che le migliaia di negativi in suo possesso, quelle che non hanno più un proprietario rintracciabile, non potevano andare distrutti e così è nata l’idea della donazione all’archivio fotografico della biblioteca Classense. I negativi di Bianchetti partono dal 1972 e verranno conservati e digitalizzati dalla Classense, mentre la vecchia camera oscura andrà al circolo fotografico. «Nel 1980 subentrai nella conduzione del negozio al fotografo Enrico Guidi che lo aveva aperto prima della Seconda guerra mondiale. Mi raccontò che durante il conflitto era alle prese con lo sviluppo di foto per la Croce Rossa, ma l’energia elettrica saltò tre volte e così decise di lasciare il negozio, di lì a pochi minuti ci fu uno dei peggiori bombardamenti sulla città che distrusse quella parte della via, il suo laboratorio e la caserma posta di fronte». Con il contratto di affitto scaduto Bianchetti lascia a pochi mesi dalla pensione, negli ultimi anni con l’avvento della fotografia digitale si era dedicato al recupero delle foto d’epoca come quelle sulla Prima Guerra mondiale inserite nella vetrina della Cassa di Risparmio in piazza del Popolo.

Tanti i ricordi per Bianchetti che dopo un’esperienza in un grande laboratorio fotografico di Forlì decise, poco più che ventenne, di mettersi in proprio, dedicandosi alla fotografia d’arte, ai rilievi dei monumenti e ai cataloghi di mostre. «Fino a settembre sarò disoccupato, poi potrò andare in pensione. Nel laboratorio di Forlì eravamo 278 dipendenti, avevamo lavori da tutt’Italia, in estate si producevano 52 mila rullini per notte. C’erano le cose più disparate, dalle foto di scena dei set cinematografici romani, alla documentazione per indagini delle forze dell’ordine. Non posso dimenticar la carlinga sommersa del disastro aereo di Punta Raisi del 1978, immagini dure, tra rullini delle vacanze e repertori di cerimonie. Quelle più forti tornavano sempre in mente la sera prima di dormire». Con il negozio in centro storico, Bianchetti diventa uno dei fotografi dei monumenti paleocristiani e nel 1996 gli viene chiesto in tutta fretta di rilevare otto monumenti.

«Era estate, il 10 di agosto cominciai a fotografare con il banco ottico, una macchina a lastre 13x18 a pellicola singola e panno nero. Con impalcature da imbianchino e lampade rilevai quelli che sarebbero diventati gli otto monumenti Unesco. Il Comune infatti aveva solo immagini in bianco e nero. Chiuso il negozio correvo a fotograre San Vitale, il mausoleo di Galla Placidia, la cappella di Sant’Andrea, perché dovevo completare il lavoro entro il 10 settembre. Fu un’emozione fortissima, in Sant’Apollinare Nuovo salì all’altezza del pannello dei Magi. Lassù scoprì che la superficie non era piana, le tessere del mantello e delle gambe erano come in rilievo e catturavano la luce diretta della finestra. Un accorgimento che restituisce grazie e movimento alle figure. Il Comune non mi disse a cosa serviva il rilievo. Se lo avessi saputo avrei fatto un altro preventivo».

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