Ecco il cimitero dei relitti

Rimini

RAVENNA. Per la pialassa Piomboni è il tempo di nuovi utilizzi e vocazioni, di trasformazioni anche dolorose ma per chi ne apprezza da sempre l’inestimabile valore ambientale vederla trasformata nel cimitero di navi e imbarcazioni è uno spettacolo avvilente. Abbandonati dagli armatori, quattro relitti spiaggiati dall’Autorità portuale per essere fatti a pezzi in breve tempo ad opera di realtà produttive della zona, da almeno otto anni giacciono come sinistri ammassi di ferro e ruggine.

Da terra le imbarcazioni sono nascoste da cumuli di fanghi provenienti dall’escavo del porto, in un’area sotto sequestro, in fondo a via Classicana. Al termine della banchina, assicurate a terra con cavi, le navi, alcune delle quali inclinate, rischiano rotture definitive; ma tutte conservano la sagoma e i nomi propri. Orenburg gazprom, Berkan – B Panama; Vomv – Gaz Valetta, Inkalaez facevano la spola dalla Croazia e dal Montenegro per il trasporto di ghiaia e materiali per l’edilizia. Ora stazionano lì dove secondo i tanti progetti di rilancio del porto dovrebbe vedere la luce il terminal container.

A riva l’incuria e i rifiuti, a terra chiari d’acqua tra i cumuli di materiali di escavo, regno per gabbiani e nella stagione calda per le zanzare, regalano alla pialassa uno scenario che non merita. «Il degrado è ovunque - Walter Emiliani, proprietario di un capanno nei Piomboni e socio dell’Associazione italiana pesca sportiva e ricreativa - in acqua non si vede un pesce e il paesaggio che conoscevamo non esiste più. Capisco bene le esigenze dell’industrializzazione, ma non vedo alcun progresso nello scempio dell’ambiente, credo debba esserci una via per rendere sostenibile le attività produttive». La permanenza dei relitti è da attribuire con ogni probabilità allo costo dello smaltimento dei materiali ferrosi. Un intervento poco remunerativo per i privati ma molto oneroso per la collettività, la presenza delle carrette del mare degradate non contribuisce a mantenere a livelli accettabili la qualità delle acque. Quanto alla sopravvivenza dei capanni, dopo l’approvazione del regolamento comunale i tempi per la messa norma e la regolarizzazione dei manufatti non saranno brevi. «Siamo in attesa di concludere l’iter autorizzativo per la regolarizzazione - spiega Walter Emiliani - il mio deve essere demolito e ricostruito, ma per avere la valutazione ambientale, la sismica e il progetto passerà l’intero 2016. E nel frattempo non posso demolire il capanno e nemmeno entrarci perché pericolante».

A preoccupare i capannisti anche i lavori in corso che di fatto andranno ad isolare definitivamente le attività portuali. «I lavori in corso - conclude Emiliani - prevedono la movimentazione di materiali con camion e per favorirne il transito è stato chiuso il canale circondariale Piombone che di fatto da sempre garantisce il corretto ricambio delle acque. Andrebbe riaperto al più presto invece i lavori potrebbero durare a lungo».

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