Sicurezza Ravenna, l’ex dirigente: “Il Comune può far molto, servono politiche sociali”

RAVENNA - Per lungo tempo Raffaella Sutter si è occupata di politiche sociali e di immigrazione come dirigente comunale; nel 2016 è stata candidata sindaca e consigliera per i successivi due anni, per poi dedicarsi alla cooperazione internazionale. Oggi guarda con preoccupazione ai recenti episodi di violenza urbana che si sono moltiplicati in città nelle ultime settimane e al tema sempre più difficile dei minori migranti non accompagnati, convinta che la risposta non possa essere solo affidata alle forze dell’ordine e alla polizia locale e certa che negli ultimi anni sulle politiche sociali si siano fatti passi indietro. «C’è molto da fare, tanti servizi nel tempo sono scomparsi, ma di fronte alla situazione attuale con minori non accompagnati senza rete di protezione, ci vogliono operatori di strada, bisogna tornare per strada, monitorare, non bastano le attività di tipo culturale o legate alla multiculturalità. Qui siamo di fronte a problemi di natura sociale». E tra i servizi che sono venuti a mancare nel tempo, Sutter pensa ai centri diurni di primo contatto. «Abbiamo rinunciato ai servizi che avevamo, con i centri diurni si toglie la gente dalla strada e si gestiscono le persone ai margini con altre modalità, offrendo piccoli servizi. I fenomeni vanno gestiti con risposte di tipo assistenziale e sociale, non ignorati. I dormitori sono insufficienti. Penso poi a Cittattiva, aperta dal Comune con fondi regionali per la mediazione di strada, per costruire un contatto con giovani problematici. Gradualmente ha perso l’impronta originale, in favore di attività culturali».
Sutter auspica poi un’operazione ampia per rendere vivibili i luoghi, per aprire spazi di socialità. «Il tessuto cittadino è svuotato e spesso degradato con spazi di abbandono. È stato fatto un passo indietro nel momento in cui la vivibilità è più difficile. Di Cittattiva ne andavano aperte 10, pensate come punti aggregazione tra cittadini e giovani stranieri, così come i centri diurni, se avessimo avuto più servizi non ci troveremmo in questa grave percezione di insicurezza. Il problema esiste, così come esiste il disagio tra popolazione italiana e migrante e alcuni strumenti vanno messi in atto e vanno ripensati i servizi. Bisogna riaprire un dialogo con le comunità maghrebine». Per Sutter non solo le forze dell’ordine devono avere il polso del territorio. È tempo di pensare ai servizi di strada, all’accoglienza, al monitoraggio, all’ascolto dei cittadini nei territori. «Un tempo c’erano problemi nel quartiere darsena e mettemmo in campo strumenti, aprimmo centri giovanili, bisogna esserci sul territorio. Per affrontare il disagio giovanile l’amministrazione comunale può realizzare interventi coordinati con le forze dell’ordine, ma parliamo interventi di tipo sociale, il problema per il Comune non può essere solo di ordine pubblico con il coinvolgimento della polizia locale, che deve essere chiamata a fare altro».