Ravenna, nuovo allarme dai fiumi: con solo 60 millimetri di pioggia superata la soglia di rischio

Ravenna

«È come se avessimo tolto i freni dall’auto». Il meteorologo Pierluigi Randi ricorre a una metafora per spiegare il pericoloso meccanismo che potrebbe essersi innescato su alcuni corsi d’acqua, che dagli Appennini corrono verso il mare attraversando la pianura ravennate.

Randi, come di consueto, parla con numeri alla mano: «Partiamo da un dato, nei giorni scorsi sul bacino del Santerno si sono registrati l’equivalente di 60 millimetri di pioggia, tenendo conto anche della neva in quota. Una quantità assolutamente modesta - soprattutto in confronto ai 220 millimetri dell’alluvione del 2023 - che però ha portato il livello del corso del fiume alla soglia di rischio arancione all’altezza di San Bernardino. Questo è un serio campanello di allarme da non sottovalutare. Qualcosa non sta funzionando e uno dei principali indiziati è sicuramente il taglio indiscriminato della vegetazione lungo il corso del fiume».

Randi spiega il meccanismo: «Non avendo più la resistenza della vegetazione, dai monti l’acqua scorre a valle molto più velocemente. I tempi di corrivazione si sono pericolosamente dimezzati. Gli interventi degli ultimi anni hanno spostato il pericolo a valle dove abbiamo più centri abitati e popolazione. L’acqua, finché c’è il dislivello assicurato dai monti, scorre verso il mare senza particolari ostacoli ma poi, quando arriva in pianura, iniziano i dolori. Il dislivello diminuisce e contemporaneamente c’è l’effetto subsidenza. In queste condizioni, tanto più la piena arriverà velocemente, maggiori saranno le conseguenze. Si potrebbe innescare un effetto tappo molto pericoloso e se le condizioni dovessero presentare anche venti di bora, con il mare che non prende l’acqua dei fiumi, la situazione diventerebbe ancora più critica. Queste considerazioni sono state espresse più volte e i livelli idrometrici registrati a San Bernardino, nei giorni scorsi, confermano purtroppo i nostri timori. Pulire in modo radicale i corsi dei fiumi può in un certo modo tranquillizzare le persone e frenare le polemiche, ma non vorrei che ci trovassimo di fronte a un’illusione: quella di essere più al sicuro che in passato. Non vorrei che l’azzeramento della vegetazione ci abbia portato a una situazione ancora più precaria con argini indeboliti e vegetazione ripariale assente. In questi giorni in altri fiumi non si sono registrati segnali allarmanti, ma sul Santerno credo che debba essere avviata una riflessione».

Il geologo: «Si è tagliato troppo»

Alle considerazioni di Randi, si aggiungono quelle del geologo Paride Antolini, profondo conoscitore del territorio romagnolo: «Si è tagliato troppo e indiscriminatamente, questo è il problema. La vegetazione va gestita, non azzerata. Lo ripetiamo da tempo e i livelli idrometrici degli ultimi giorni del Santerno dimostrano che non ci sbagliavamo. Il famoso colmo di piena è arrivato a San Bernardino in pochissimo tempo. Con le nuove condizioni negli argini e golene, la piena non si è distribuita sul percorso e si è formato un effetto imbuto a San Bernardino. Mi chiedo cosa succederebbe se in Appennino si scaricassero 200 millimetri d’acqua in poche ore come è successo nell’immediato passato. Vedere gli argini puliti ci tranquillizza, ma ciò non ci assicura di essere immuni a rischi. In realtà le dinamiche sono molto più complesse. Se fosse per me, al di sopra della via Emilia non si sarebbe dovuto tagliare alcunché. A valle della via Emilia, invece, andava fatto un intervento oculato. Si sarebbe dovuto tagliare con attenzione, evitando di creare una pericolosa autostrada verso il mare. Le golene in cui si è tagliato tutto sono in larga parte franate. Gradualmente dovremo fare ricrescere la vegetazione che, se gestita in maniera accurata, ci garantisce maggiore sicurezza. La ricrescita, che è in atto piuttosto velocemente, va indirizzata. Non dobbiamo andare con le ruspe nelle golene, ci siamo mossi come elefanti in una gioielleria».

Come si può garantire un territorio più sicuro? «Dobbiamo allargare gli argini - conclude Antolini -. Ci vuole coraggio e pazienza, ma per alzare l’asticella del rischio è indispensabile ridare il giusto spazio ai corsi d’acqua».

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