L’impresa di Niccolò: conquistare Masterchef anche senza vincerlo

Ravenna

Il giorno dopo l’eliminazione da Masterchef Italia, passa da un’intervista all’altra, ma non perde nulla della spontaneità e dell’ironia fulminante che lo hanno reso il concorrente più amato dello show di Sky Original, prodotto da Endemol Shine. Il ravennate Niccolò Califano ha lasciato la gara per cuochi amatoriali con un quinto posto, a un passo dalla finale a tre, con una sola certezza: l’ossessione per il cibo, per ciò che può regalare alle persone, se elaborato in un piatto. Ventisei anni, una laurea in Medicina a pieni voti, humor nero e talento ai fornelli, Niccolò si racconta senza sconti.

«Mi sono irrigidito, so che la mia ironia borderline non viene sempre compresa, avrei dovuto fare un sorriso in più, sciogliermi, preparare piatti con più leggerezza». Battute spiazzanti, nonsense, prove vinte, azzardi, il percorso di Niccolò nella gara lo ha reso uno dei protagonisti indiscussi e gli ha permesso di coronare un sogno. «La mamma della mia prima fidanzata a 18 anni mi regalò il grembiule di Masterchef con i punti del Conad perché sapeva che volevo partecipare; poi mi sono iscritto a Medicina con l’idea, finita l’università, di andare e arrivare tra i primi dieci. E così è stato». Un sogno divenuto realtà, una passione senza fine. «Il cibo fa parte della mia vita, il gusto e l’olfatto richiamano esperienze ancestrali, possono evocare un ricordo e sensazioni che puoi provare solo in cucina, cose che hanno un fondamento scientifico che ho trovato quando ho studiato Neurologia. Il palato mi ha guidato, poi è arrivata la tecnica e la sorpresa di soddisfare e fare ridere le persone con un piatto. La fotografia della gioia». Una filosofia applicata sempre da Niccolò, in famiglia e negli affetti per migliorare la qualità della vita delle persone, sicuro che una ricetta medica allunga la vita e una ricetta in cucina «migliora la qualità della vita. Non solo ciò che è sano ci fa bene, ma anche quello che ci fa stare bene».

In gara non ha dimenticato le sue origini dedicando la vittoria di un invention test a Marina di Ravenna, usando cozze «il cibo del futuro, ecosostenibile e buono», pinoli e aglio. E del trio dei temuti giudici, chef stellati, dice: «I rapporti erano distaccati, sono tre leggende, ho preso gli aspetti migliori di ciascuno per farli miei. Barbieri ancora sperimenta, si mette in gioco e ispira; Cannavacciuolo ha un talento per l’estetica fuori dal comune ed è emozione pura; Locatelli è lo stile italiano, un esempio. Lui è quello con cui, se potessi, farei serata». Quanto ai concorrenti buoni rapporti con tutti, Alberto, Andrea, Lorenzo, Sara ed Eleonora soprattutto.

Sul futuro il giovane medico, che al momento lavora nella struttura per anziani La Rosa dei venti e al Cau, ha una personale visione: «La mia vita non ha senso ed è questo il mio senso. Nessuno si aspetta la mia prossima mossa, e non la dirò. Ho tante idee da ordinare, per me è impossibile percorrere un binario, ho bisogno di uscire dagli schemi, la cucina è una forma d’arte che mi permette di usare l’ironia e sorridere. Prendo il caso come filosofia di vita, ci tengo. Finora la mia vita non ha avuto senso, però è andata bene». E infine sulla pianta grassa sconosciuta ai più, Lithops, che lo ha fatto eliminare arriva l’uscita folgorante. «Sapeva di balcone, che non è un sapore. Come il cardamomo per me sa di fatina e le patate delle Ande sapevano di Luna». Sulla finale, da contratto, niente spoiler e quindi ci vorrà un’altra settimana per conoscere il vincitore della 13° edizione di Masterchef.

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