Integrazione e sport, il "pallone proibito" per minori stranieri

Ravenna

Piedi buoni, voglia di giocare a pallone, nonostante tutto, che siano nel cortile della comunità per minori stranieri non accompagnati che li ospita o in un vero campo da calcio. Per chi ha meno di 18 anni e viene da paese extraUe la passione grande si infrange in un mare di burocrazia. Una sconfitta per le piccole società sportive e soprattutto per gli educatori che gestiscono i progetti di accoglienza e devono spiegare a degli adolescenti lontani dalle famiglie che a loro la possibilità di giocare a calcio non è concessa, non si può. Nonostante la normativa in materia di tesseramento, la realtà racconta altre storie.

I no

Nella comunità per minori di Piangipane, gestita da Il Solco la delusione è tanta, prima due ragazzi provenienti dal Togo, pronti a scendere in campo per una società di Russi, hanno vissuto la soddisfazione dei primi allenamenti per ricevere poi lo stop della Fgci e vivere il tramonto di un sogno. Poi un’altra doccia fredda pochi giorni fa.

«Da noi – spiega l’educatrice Silvia Manzani – vivono 13 minori provenienti da Marocco, Togo, Bangladesh, Pakistan e Albania e per loro questa situazione è molto frustrante: si dice che lo sport è integrazione, ma non per i minori non accompagnati. Tutti crescono con il mito del calcio e qui diventa il loro modo di socializzare. Noi cerchiamo di tesserare i più motivati, quelli che sono in grado di mantenere gli impegni».

L’ultimo no è arrivato la scorsa settimana, un ragazzo marocchino, 17 anni, che nonostante gli sforzi della società Azzurra Romagna non ha potuto disputare una partita di campionato in questa stagione.

«Ho istruito la pratica – racconta con rammarico il dirigente Daniele Sintoni – a partire da gennaio abbiamo prodotto tutto il materiale richiesto dalla federazione, poi ci hanno indirizzati alla commissione minori; ma non bastava mai. Una volta caricata la pratica nel portale della Fgci, sembrava tutto in regola, ma il tutto è stato girato alla Fifa e dopo una lunga attesa la scorsa settimana la Fifa ha rifiutato il tesseramento senza motivazione. Per sapere il perché dobbiamo fare una richiesta alla quale la federazione ha 90 giorni per rispondere. Così la stagione è finita. Siamo molto dispiaciuti per il ragazzo, noi cerchiamo di fare il possibile. Ora dovrà attendere di compiere 18 anni».

Le lacrime

Problemi che solo in parte diminuiscono per i minori che vivono in famiglia.

«Abbiamo accolto un ragazzo proveniente dal Gambia – spiega Micaela aderente al progetto di albo delle famiglie accoglienti - e finché è rimasto in una casa famiglia la società non riusciva a tesserarlo. Il suo sogno è sempre stato quello di giocare a calcio, ma abbiamo fatto i salti mortali, peggio che chiedere un mutuo, i documenti non erano mai abbastanza, la società Low Ponte è stata bravissima, a un certo punto ho cominciato chiamare la Fifa e non è stato facile. Quando ho ottenuto la tessera mi sono ritrovata a piangere perché un ragazzino poteva infine giocare a calcio e la notizia per i compagni di gioco è diventata una festa. Ma non è normale tutto questo». Storie che si moltiplicano se la passione è il calcio, ma che non risparmiano anche altre discipline.

«Qualche tempo fa un ragazzo albanese nostro ospite – ricorda Giorgia Chiulli de Il Villaggio del fanciullo – era appassionato di judo, ma non ha potuto mai fare gare nazionali, e non sono mancate le difficoltà per il calcio, con la possibilità di fare allenamenti e disputare amichevoli, ma non gare di campionato».

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