Granchi blu lungo la battigia a Ravenna. Il Cestha: «Come combatterli? Mangiandoli»

Ravenna

«L’uomo può essere la soluzione migliore per contenere il granchio blu, attraverso l’aumento del consumo alimentare della specie aliena». L’invito arriva da Simone D’Acunto, direttore del Cestha, centro di ricerca della fauna marina, che ha iniziato il giorno di Pasquetta l’attività di monitoraggio, secondo quanto previsto dal progetto condiviso con il Comune. Lo scopo è studiare comportamenti e abitudini per contenere la proliferazione incontrollata degli alieni americani. Passeggiando sulla battigia si possono vedere già un buon numero di carcasse di granchi adulti e giovani esemplari vivi, aprile è il mese in cui le femmine lasciano le acque interne di valli e fiumi per depositare le uova in mare aperto. «La presenza di esemplari adulti può indicare che dopo l’accoppiamento siano arrivati in mare pronti per la riproduzione, i granchi hanno un ciclo biologico di sviluppo di un anno. Sappiamo che nei mesi invernali l’animale si ferma per ripartire con la primavera, quello che non sappiamo è se i numeri saranno superiori o inferiori al boom del 2023. Speriamo di no, sarebbe già un risultato se si stabilizzassero». Presente nelle nostre acque, come nella laguna veneta, da decenni la popolazione del crostaceo dalle grandi chele nel 2023 è esplosa con numeri esorbitanti, complici anche le mutate condizioni climatiche.

La preoccupazione

Per i pescatori e i capannisti da giugno a ottobre significa trovare centinaia di esemplari nelle reti e per i bagnanti vivere la preoccupazione di entrare una volta nell’acqua a contatto con le chele del granchio. «Prediligono il mare aperto e le acque salmastre – prosegue D’Acunto -, ma non sappiamo cosa potrebbe succedere nelle acque basse se aumentassero di numero. Per certo dai monitoraggi nella Pialassa Baiona risulta che il granchio verde autoctono è ancora presente e non è stato scacciato». Mentre si cerca di capire se i metodi di protezione applicati agli allevamenti ittici di molluschi bivalvi sulle coste dell’Adriatico hanno prodotto qualche effetto, prosegue la ricerca. «La sfida è aperta e tante domande sono senza ancora senza risposta. Prima di tutto dobbiamo capire quali sono le zone di aggregazione per la deposizione delle uova, il periodo, il luogo e la distanza tra le zone interne e il mare, aumentando la pesca in area definite potremmo avere dei risultati, intervenire solo con catture sugli adulti non è molto efficace».

Roberto Manzoni, presidente dimissionario dell’associazione italiana pesca sportiva ricreativa, ricorda bene le centinaia di granchi raccolti ad ogni levata delle reti dei capanni da pesca a partire dal giugno 2023. «I numeri parlano di un incremento impressionante di 80 volte da giugno con il picco di ottobre rispetto agli anni precedenti». Il tutto è reso difficile dall’assenza di fatto di predatori ad eccezione dell’uomo e della tartaruga Caretta caretta che però non è presente in grandi numeri nel nostro mare. «Sappiamo dalle analisi degli esemplari di grandi dimensioni ospitati nel nostro centro che si nutrono di granchi, così le razze e gli squali dell’Adriatico mangiano gli stadi giovanili. Per quanto riguarda le tartarughe abbiamo 60 ospiti, due recuperati lunedì, che libereremo a partire dalla prossima settimana per tutta l’estate».

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