Bimba uccisa dalla mamma a Ravenna, i turbamenti di Giulia: «Ecco perché ho dovuto farlo». I peluche davanti al condominio - Gallery

Ravenna
  • 09 gennaio 2024

Il giorno dopo è il giorno del dolore per la piccola Wendy, con fiori, candele e peluche lasciati davanti al condominio di via Dradi a Ravenna, con alcune troupe televisive di buon mattino a riprendere la cupa atmosfera di un 2024 iniziato in modo tragico.

“Ho dovuto farlo”

«Perché ho dovuto farlo». Inizia così il post pubblicato ieri mattina da Giulia Lavatura sul proprio profilo Facebook poco prima di tentare il suicidio. Un lunghissimo sfogo affidato alla pagina social, concentrando tutti i pensieri che la tormentavano. Da una decina di anni la 41enne era seguita dal Centro di salute mentale. Disturbo bipolare, questa la diagnosi. L’ultima visita risale a novembre. In casa c’erano i medicinali prescritti, quelle «pillole dannose e non funzionali (...) strani farmaci lobotomizzanti» che Giulia non voleva più prendere. Parte del post se la prende proprio con le cure, per poi passare confusamente ad altro.

La figura paterna, descritta come «mostro d’uomo», addebitandogli le colpe di un «padre violento e aggressivo (...) sempre a suonare il campanello ogni sera alle 19», in combutta con il Csm per costringerla a trattamenti sanitari obbligatori. Accuse anche nei confronti del marito, tacciato di non aiutarla «a tenerlo lontano» e di essere distante. Il post della 41enne prosegue, e denuncia un fantomatico «allontanamento ingiustificato da mia figlia».

Tutti deliri, stando a quanto ricostruito finora. Nessuna denuncia risulta essere mai stata formalizzata, fatta eccezione per un lontano contatto con la Questura nel 2017, dove marito e moglie si recarono per parlare di alcune tensioni familiari con il padre della donna, nel frattempo risoltesi. E nemmeno per quanto riguarda la figlia, risulta esserci mai stato alcun provvedimento del Tribunale dei minorenni.

C’è spazio anche per questioni economiche riguardanti proprio il cantiere che da oltre un anno stava ingabbiando tutti e tre i palazzi del condominio. «Tre anni di inadempienze e dispetti», continua la rimostranza della 41enne nei confronti del padre, al quale viene rimproverato di non avere portato a termine le procedure per beneficiare del “bonus 110”, lanciando un appello affinché il marito si affidi a «un professionista normale» evitando di «farti indebitare».

Tanti i turbamenti di Giulia, nonostante i quali si era laureata in Ingegneria civile all’Università di Bologna per poi conseguire la specialistica e il master per l’insegnamento di materie scientifiche. Una formazione che le aveva consentito di ottenere alcune supplenze, continuando nel frattempo a dare ripetizioni di matematica e fisica, collaborando pure con una scuola privata.

«So di essere una persona lucida, gentile e diligente (...) mi sono laureata con voti molto alti, ero seria e impegnata», aveva scritto.

Le ultime parole tornano sul percorso di cura, «mi aspetto sempre una nuova telefonata dal Csm, tutto ostile e antipatico perché quando a mio padre gira, lui si lamenta con loro di me». Così si arriva a quella finestra aperta al nono piano del palazzo: «Non posso vivere con questa sua continua vigliaccheria e mettere in pericolo ancora Wendy e Jessy».

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