Ravenna, l'ex governatore Errani boccia lo stoccaggio di Co2

Ravenna

RAVENNA - Questa sera a Le Dune di Campiano dialogherà con il segretario provinciale del Pd, Alessandro Barattoni, sul tema: “ridare senso alla sinistra”. E nelle prossime settimane Vasco Errani, ex senatore nelle fila di Leu Art.1 ed ex presidente della Regione, continuerà ad animare il lavoro della neonata associazione romagnola “Idee per la sinistra” che partecipa al percorso congressuale aperto dal Pd. Intanto per ora tra Bonaccini e Schlein nessuno incassa un appoggio a priori.

Perché un’associazione in questo momento?

«È nata grazie a molti e molte che cercavano un luogo di confronto dove discutere in modo serio di questioni di portata enorme: dalla guerra alla transizione tecnologica ed ecologica. La sinistra deve confrontarsi con i cambiamenti, l’esigenza è ora quella di trovarsi per dare un contributo al dibattito nel campo progressista e alla costituente in una situazione di crisi».

Il vostro manifesto appare come un invito al Pd e alla sinistra tutta a fare un bagno di realtà rispetto a certe prese di posizioni ferme ad enunciazione di principio?

«Bisogna partire dalla vita concreta delle persone, da chi non ce la fa da solo per ridare credibilità alla politica e alla sinistra. Non ci rivolgiamo solo al Pd, ma anche al Pd. Perché la sinistra popolare e di governo riprenda in mano i temi identitari e riesca a costruire un impianto di valori e una pratica politica che siano coerenti, partendo da un’autocritica degli errori».

Può indicarne uno?

«Il lavoro prima di tutto. L’idea di accettare o promuovere la progressiva precarizzazione del lavoro è stato un errore serio. Il problema ora è affermare diritti esigibili per tutti i tipi di lavoro. La precarizzazione mina i progetti di vita delle nuove generazioni e delle donne. La questione viene da lontano, la flessibilità come chiave per risolvere problemi è una idea drammaticamente sbagliata che genera disuguaglianze ulteriori».

Questione energetica: Ravenna ha fatto scelte decise sul rigassificatore e ora sulla cattura della CO2 che altri territori non hanno compiuto e che non tutti a sinistra condividono.

«Ravenna deve diventare protagonista della transizione ecologica. Non mi convince il progetto Ccs, c’è bisogno di ragionare sulla Ravenna dei prossimi 10-20 anni all’interno di un nuovo scenario che si è aperto nel mondo e in Europa e che prevede l’uscita dal fossile in favore di energie rinnovabili. Ravenna non può sedersi nella situazione in cui è. Aprire un confronto è indispensabile, abbiamo bisogno di nuova politica industriale che interpreti la transizione, non bisogna subire il cambiamento».

Perché l’associazione non si schiera con uno dei contendenti, Bonaccini o Schlein?

«Prima ci devono dire come la pensano, andare oltre gli slogan e ridare significato a parole come sinistra e welfare per contrastare una destra che ha un obiettivo ambizioso: costruire un’egemonia culturale. Per contrastarla occorre un progetto valido, che nasca da uno sforzo collettivo, non basta il pragmatismo. Può la sinistra non avere una visione del mondo, un’idea di pace e del modello sociale a cui si riferisce?».

Quali sono i pericoli maggiori di questa destra?

«Se la destra ha in sé il concetto di individualismo, la sinistra deve essere comunità. Se la destra ragiona con una logica di chiusura, la sinistra deve promuovere una nuova visione delle relazioni internazionali e della sicurezza di tutti i popoli. La politica è uno strumento di trasformazione delle condizioni di vita delle persone. In questi anni è stato lasciato molto spazio in cui la destra si è infilata. Crescono disuguaglianze nuove e profonde che si sommano a quelle vecchie. Se passa l’idea che ciascuno pensa a sé, allora ci saranno problemi drammatici e chi è in difficoltà sarà lasciato a se stesso».

I candidati alla segreteria sono tutti emiliano romagnoli, è un caso?

«La nostra terra ha una grande esperienza della sinistra di governo, ma vorrei ricordare che riformista non significa avere idee moderate. Quando Andrea Costa promosse la prima cooperativa fece una cosa radicale per cambiare le condizioni di vita delle persone e dare una prospettiva nuova al lavoro; questa è una terra di grande tradizione, ma bisogna avere anche una nuova visione dell’Italia e dell’Europa».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui