"La rabbia sui social? Davanti allo schermo non ci vergogniamo"

La notizia è recente e tragica: Umberto Sorrentino, 47 anni, di Cattolica, è morto schiacciato da una pila di bancali crollata mentre tentava di rubare delle casse d’acqua dal retro di un supermercato Conad.

Solitudine, emarginazione, le cause sociali ed economiche di un gesto che ti porta a morire per impadronirti di merce del valore di pochi euro sono tutte da vagliare, e gli inquirenti stano facendo la loro parte.

La tragedia nella tragedia però sono le reazioni sui social, dal sempreverde ancorché sgrammaticato «Se l’ha cercata» ad «Altissima, purissima, levissima». Il tutto senza il minimo pensiero e senza alcun rispetto per quella vita spezzata, come ha denunciato la vicesindaca del Comune di Rimini, Chiara Bellini.

«Non si tratta solo di questa situazione. Succede regolarmente – commenta il giornalista e scrittore forlivese Massimo Mantellini, uno dei maggiori esperti della rete Internet di cui ha scritto per anni su “Punto Informatico”, “Internet Magazine”, “Il Sole24ore”, “L’Espresso”, “Il Post”, “Fanpage” e autore per Einaudi dei volumi Bassa risoluzione (2018) e Dieci splendidi oggetti morti (2020) –. Sembra che il diaframma di uno schermo ci permetta di dire quello che vogliamo, anche perché spesso, ma non sempre, garantisce l’anonimato. Capita poi, ad esempio, che una delle persone che più ferocemente avevano insultato l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, una volta identificata, sostenesse di non essersi resa conto di quello che faceva con il telefono nuovo. Gli ambienti digitali infatti, per chi non li sa padroneggiare, rischiano di dare una sovraesposizione di cui molti neppure si rendono conto. Nella vita reale siamo consapevoli degli spazi e dei limiti in cui possiamo muoverci: spesso però quegli spazi e quei limiti non sono rapportabili al virtuale».

Ma si insulta o si scherza davanti a una morte: siamo così orribili?

«Sì, siamo orribili e mentre in piazza certe cose ci vergogniamo a dirle, davanti a uno schermo, no».

È anche un risvolto delle “campagne” politiche perpetue a cui ci siamo abituati?

«Quando devi massimizzare gli effetti di quello che dici – spiega Mantellini –, semplifichi e ti servi di slogan sempre più violenti. È successo da Grillo in poi, e tutte le forze politiche hanno teso a polarizzare per ottenere più attenzione, con un incremento continuo. Questo ha finito per rimbalzare nei modi dei cittadini normali: così chi vuole emergere nella selva dei commenti non si dà limiti. Non dimentichiamo poi il senso di impunità dato dall’ambiente digitale. Ma non è il digitale il responsabile, è il velo che è caduto. Però, tranquilli: non siamo cambiati. Abbiamo solo qualche mezzo in più».

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