Il primario di Rianimazione di Rimini: rischiamo di tornare a marzo

Rimini

Dottor Giuseppe Nardi, primario di Anestesia e Rianimazione dell'ospedale Infermi di Rimini, era l’inizio di maggio quando alla luce di comportamenti collettivi via via più “spensierati”, intervenne in un modo piuttosto brusco per ricordare che il Covid era un mostro ancora da domare. Oggi è necessario un altro richiamo del genere? «Credo che la situazione sia molto chiara, le curve di crescita lo dimostrano, i contagi aumentano in Italia, in Europa, a Rimini. Rispetto alla Francia, ad esempio, siamo due o tre settimane indietro, mentre abbiamo lo stesso livello di crescita della Germania. Se non si interviene sarà quindi inevitabile, fra quindici o venti giorni ci troveremo nella stessa situazione di marzo: terapie intensive piene, pronto soccorsi al collasso. Abbiamo due settimane di vantaggio». Chi dice “va tutto bene” si nasconde dietro la foglia di fico dei tanti tamponi, degli asintomatici, delle terapie intensive tutto sommato ancora capienti. «Non dobbiamo farci ingannare dal rapporto fra tamponi e contagiati, paragonando i numeri di oggi con quelli di marzo. Se prendiamo cento persone ricoverate all’ospedale, di queste sette-otto finiscono in rianimazione, il rapporto è esattamente identico, era così a marzo, è così oggi. Ogni giorno aumentano i contagiati, aumentano i ricoveri, aumentano le persone in rianimazione, aumentano purtroppo i morti. Ogni giorno. Ogni giorno. La curva dei contagi deve essere tagliata se no fra due settimane ci troveremo nella situazione di marzo, se non peggio. È un dato noto a tutte le persone che si occupano seriamente di questo problema. Gli epidemiologi lo dicono chiaramente. È così, punto. Poi ci sono singoli medici che nella loro professione si occupano di altri settori, che esprimono idee diverse. Ma sono idee basate su auspici, ottimistiche speranze. Idee lecite, ma sulle quali non si può basare una programmazione sanitaria seria. I dati a cui faccio riferimento relativamente alle curve di crescita non sono opinioni mie, ma di specialisti di questo settore». L’Emilia Romagna mostra numeri in salita, ma non paragonabili ad esempio a quelli della Lombardia. «Le curve della Romagna sono migliori rispetto ad altre regioni d’Italia, però questo andamento non deve illuderci; ci permette di dire che abbiamo qualche giorno in più per prepararci. Un prezioso vantaggio». Il governo ha imposto nuove misure restrittive. Qual è la sua opinione? «Per tutta l’estate ci siamo raccomandati di mantenere le distanze, di portare le mascherine, di evitare assembramenti. Purtroppo il risultato delle raccomandazioni è sotto gli occhi di tutti: abbiamo fatto stupidaggini che si potevano evitare. Chi questa estate continuava a dire che prima o poi in autunno sarebbero arrivati i problemi grossi, era tacciato di essere un menagramo. La raccomandazione non serve a niente se chi la ascolta non la applica e crede di “saperne di più”. Anche noi operatori della sanità, quando questa estate partecipavamo a qualche incontro, all’inizio eravamo attentissimi: portavamo la mascherina, ci salutavamo con la mano sul cuore, stavamo distanziati, a fine serata però le attenzioni calavano e si passava alle pacche sulle spalle. È inevitabile. Sono sicuro che se metto duecento persone in un teatro, distanziate e con la mascherina, non si contagiano. Ma poi discutono insieme, escono e chiacchierano, abbassano la guardia. Non è l’attività che è contagiosa, ma la partecipazione attiva di tanta gente. Dispiace, capisco che ci sono settori in ginocchio, ma non c’è altro da fare. Le misure prese sono l’unica alternativa alla chiusura totale, perché il lockdown, che è un dramma per l’economia, abbiamo visto che funziona». Da giorni, anche a Rimini, c’è chi va in piazza per esprimere rabbia e dissenso nei confronti del Dpcm. Possiamo chiedere la sua opinione? «Manifestare per avere risorse economiche dal governo è legittimo, ma chiedere il blocco di queste misure significa non avere capito niente. Alcune possono sembrare poco logiche se non si parte dal principio che l’unico atto razionale è evitare che le persone si incontrino e si contagino. Il virus è contagioso dopo le ore 18 esattamente come a mezzogiorno, ma al termine di una giornata di lavoro chi va al bar ha maggior tendenza a fermarsi a chiacchierare, a rilassarsi, a passare più tempo in compagnia. Spero che il governo recepisca le richieste economiche delle diverse categorie, ma non modifichi la sostanza delle decisioni. L’unica alternativa sarebbe essere ancora più duri. Quello che adesso dobbiamo vedere è se le dolorose misure introdotte hanno impatto sulla curva dei contagi. Non lo si vede in pochi giorni, ma se fossero efficaci ci dovremmo aspettare tra 10 o 12 giorni si cominci a modificare l’angolo di curva dei contagi: dovremmo assistere a un calo della velocità di crescita. Questo ci farebbe dire che ci possiamo permettere un equilibrio fra le limitazioni alla vita economica e sociale, evitando l’introduzione di ulteriori misure che potrebbero rivelarsi davvero troppo forti per molte persone e categorie professionali». In maggio Nardi lanciò un appello ad evitare assembramenti e uscite in spiaggia visto sul web da milioni di utenti.

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