Folcast e Casadilego in concerto a Rimini

Una serata non banale quella di stasera al Teatro degli Atti di Rimini, che in occasione della rassegna Le città visibili ospiterà alle 21.30 due giovani talenti della musica italiana, Casadilego e Folcast.

La prima, nata come Elisa Coclite (Bellante, 2003), viene da XFactor, che ha vinto nel 2020. Il secondo, al secolo Daniele Folcarelli (Roma, 1992), è stato nello stesso anno tra i vincitori di Sanremo giovani, classificandosi terzo tra le nuove proposte del festival l’anno successivo, con il brano “Scopriti”. Appassionato di musica di tanti generi fin da giovanissimo, lo scorso febbraio ha pubblicato l’album “Tempisticamente”, che ora sta portando in tour in giro per l’Italia. Lo abbiamo intervistato ed ecco cosa ci ha detto.

Daniele, come sta andando il tour?

«Sta andando bene. Ho fatto diverse date, sia a sud che a nord, anche con spostamenti lunghi. Per quanto faticoso, è sempre soddisfacente. Alcune date danno più soddisfazione di altre, ma questo dipende da tanti fattori. Non si sa mai precisamente cosa aspettarsi prima di salire sul palco, e questo è il bello».

Come descriverebbe il suo ultimo album “Tempisticamente”, sia dal punto di vista delle tematiche che da quello del genere musicale?

«Non è nato come concept album ma poi, riascoltandolo, mi rendo conto che effettivamente c’è una specie di fil rouge, sia nei temi che nella musica, grazie anche al lavoro in studio con Tommaso Colliva, che ha dato uniformità al tutto. Dal punto di vista del genere, ci sono soprattutto soul, r&b e pop, ma anche un po’ di rock e accenni di hip hop. Poi il suono che ha un album viene anche da chi suona gli strumenti, dalle mani che tengono le bacchette o dalle dita che muovono le corde del basso».

E invece l’ultimo singolo estratto, “Lifting”?

«È un singolo a cui sono legato, nato durante la prima fase di innamoramento. È proprio quella fase in cui ti stai legando a un’altra persona, in cui sei spinto da una parte di te che lo vorrebbe, ma c’è anche una resistenza che dice che non dovresti farlo. E spesso alla fine ha il sopravvento la parte che ti induce all’unione con l’altra persona. La canzone parla anche di come sia in un certo senso traumatica questa fase, essendo anche un cambiamento importante».

Fin da giovane si è appassionato alla musica, spaziando tra vari strumenti e generi. Quali sono gli artisti o le artiste che hanno avuto un’influenza maggiore su di lei?

«Ce ne sono tantissimi. Penso a Jeff Buckley, Jimi Hendrix… In Italia potrei dire Daniele Silvestri, Ghemon, ma anche Pino Daniele o Lucio Dalla. Sono veramente tanti, questi sono solo alcuni dei nomi che mi vengono in mente adesso. Sono artisti che ho sempre avuto il piacere di ascoltare».

Ci sono diverse collaborazioni nell’album, come Davide Shorty, Roy Paci e Rodrigo D’Erasmo, rispettivamente in “Cosa ci faccio qui”, “Senti che musica” e “Scopriti”. Come è nata l’idea di collaborare con loro?

«Non li ho citati tra gli artisti di prima perché sono più contemporanei, ma potrebbero starci benissimo dentro. Le collaborazioni sono nate tutte diversamente. Con Roy ci sentivamo da prima di conoscerci dal vivo, e poi l’ho incontrato a Sanremo per caso, quando lui era con Fulminacci e Lundini. E così, finito Sanremo, ci siamo rivisti in studio. O meglio, io in studio, lui a distanza. Davide lo conoscevo prima, ma con Sanremo abbiamo avuto la possibilità di approfondire la nostra conoscenza. E una volta che ci siamo ritrovati in studio, la canzone è uscita molto di getto. Rodrigo invece lo abbiamo contattato per l’arrangiamento degli archi in “Scopriti”, e da lì è nato qualcosa di magico. Anche al di fuori della musica, sono persone con cui mi trovo bene».

E per il futuro c’è già qualcosa in programma?

«Un programma c’è sempre, anche se per ora non è chiarissimo. Adesso l’idea è di continuare a suonare e a scrivere. Devo ancora capire che direzione dare al prossimo lavoro, ma ho già tante cose scritte. Ogni giorno il programma cambia e cresce con me, in un certo senso».

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