Femminicidio a Rimini: l'uomo non voleva farsi lasciare

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L’ennesimo fatto di cronaca nera, l’ennesimo uomo che toglie la vita a una donna. Si è consumato ieri pomeriggio al civico 101 di via Dario Campana, in un appartamento al piano rialzato di uno dei palazzoni di Ina casa, l’ultimo caso di femminicidio. A perdere la vita, questa volta, è stata una donna peruviana di 46 anni, uccisa dalle coltellate all’addome inferte dal convivente, un connazionale di 54 anni. Un dramma che la figlia di lui, 27enne, ha cercato invano di evitare frapponendo il suo corpo alla lama del coltello animata dalla furia del padre. Uno sforzo che tuttavia non è riuscito a strappare alla morte la donna sudamericana. Il tentativo disperato di impedire che si verificasse l’ennesima tragedia ha fatto finire la ragazza all’ospedale Infermi di Rimini, dove i sanitari del pronto soccorso hanno curato le ferite riportate alla braccia e alle mani. Lesioni per fortuna lievi, che impiegheranno qualche giorno a guarire.

A dare l’allarme al 118, richiamata dalle grida disperate della 46enne, una donna residente nell’appartamento in cui è avvenuto l’omicidio, coinquilina dei diversi peruviani alloggiati nella medesima unità abitativa. La stessa, avrebbe poi contatto una vicina, accorsa sul luogo della tragedia pochi attimi prima dell’arrivo dei sanitari del 118, precipitatisi in via Dario Campana con ambulanza e automedica. Ma l’emorragia e le lesioni subite non hanno lasciato scampo alla donna: i medici non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso, allertando poco dopo le 14 gli agenti della Questura.

All’arrivo sul luogo del delitto, i poliziotti hanno trovato il 54enne seduto in stato catatonico di fianco al cadavere. Quando gli agenti gli hanno stretto le manette ai polsi non ha opposto alcuna resistenza. È uscito dall’abitazione (in cui non risulta residente) scortato dai poliziotti per essere portato in questura e interrogato.

I vicini che hanno assistito incuriositi e scioccati alla scena, giurano di averlo visto camminare con una mano ancora insanguinata.

I rilievi

Al quartiere di Ina casa sono accorsi in rapida sequenza polizia di Stato, polizia scientifica e polizia mortuaria. Un quartiere tranquillo, tramutato improvvisamente nel set di un film, che gli abitanti del posto non hanno saputo trattenersi dal guardare, sporgendosi dai balconi del palazzo o posizionandosi nei bar di fronte all’abitazione macchiata del sangue dell’omicidio.

Dalla vetrata della veranda, per almeno un’ora, si sono avvicendati gli agenti della scientifica avvolti nella tuta bianca utile a schermare i reperti dalle loro impronte digitali. Ricerche e rilievi condotti sotto lo sguardo vigile del pm Stefano Celli, che ha assunto la direzione del caso.

Andirivieni che non si è placato fino alle 18, quando il corpo della donna sudamericana è stato calato per la piccola rampa di scale avvolto da un telo verde, disteso su una brandina di metallo. Nel frattempo, tutti i conoscenti della vittima e del carnefice, (una decina tra uomini, donne e bambini, tutti peruviani) sono stati richiamati in questura per essere interrogati e delineare l’accaduto. Dalle prime ricostruzioni, però, sembra emergere la solita, inaccettabile, trama: lui non accetta di essere lasciato e la uccide.

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