Matteo Cavalli è uno dei primi “dronisti” di professione. Di base è a Faenza, ma lavora in tutta la Romagna: «Oggi le richieste sono divenute quotidiane ma fino a poco tempo fa l’utilizzo dei droni non era così diffuso - racconta -. I progressi tecnologici stanno rendendo sempre più varie le applicazioni. Oggi ci sono droni, del peso di circa 40 chili, che riescono a portare in volo carichi anche di 100 chili permettendo così interventi sempre più estesi».
Chiediamo a Cavalli come è diventato pilota di droni: «La professione è arrivata quasi per caso. La mia famiglia ha un’azienda agricola per cui sono cresciuto nei campi, ma sin dalle superiori mi sono appassionato ai droni e questo hobby si sta trasformando in un mestiere che esercito seguendo contemporaneamente l’impresa agricola familiare. Con i droni ho svolto diversi compiti. Sono partito dalla distribuzione di insetti utili. Con apparecchi leggeri ho portato nei campi insetti utili a contrastare minacce come ragni rossi, afidi e altro ancora. Gli insetti utili sono contenuti in capsule di cartone o piccole confezioni che devono essere collocate a una determinata distanza l’una dall’altra. Una volta era una tecnica che si faceva a mano. Richiedeva tempo e manodopera, con i droni si è più veloci e si raggiunge una maggiore precisione».
Per diventare pilota professionista occorrono alcuni passaggi obbligati: «Sono strumenti da maneggiare con cura e più sono grandi e pesanti più possono essere pericolosi in caso di guasto o incidente – spiega Cavalli -. Io lavoro per un’azienda specializzata nell’utilizzo dei droni in agricoltura, per poter esercitare questo mestiere ho preso il patentino e frequentato diversi corsi che mi hanno dato l’abilitazione. Soprattutto per i droni più grandi c’è bisogno di appositi permessi per volare che sono rilasciati dall’Enac. In generale, proprio per evitare situazioni rischiose si cerca di volare ad un’altezza di circa 2 metri».
Lorenzo Pezzi è un altro pilota di droni che sfrutta la sua abilità per migliorare le rese agricole: «Volo sopra i miei campi – racconta – e uso questa tecnologia per fare analisi sui terreni. Dall’alto si notano particolari che sono utili per programmare alcuni interventi. Tutto è iniziato pilotando il mio drone; per me è una passione ma poi mi sono accorto che le immagini che vedevo in volo potevano essermi molto utili anche per il mestiere di agricoltore. Le utilizzo da circa 4 anni e mi hanno permesso di fare interventi più mirati, soprattutto in primavera e in inverno. Per ora non ho intenzione di farne un mestiere vero e proprio, ma è indubbio che le potenzialità di espansione di queste tecniche sono enormi. Un’attrezzatura professionale è comunque molto costosa. Ci sono droni da 10/12mila euro, ma non sono i più cari e a questi costi poi bisogna aggiungere il set di batterie. L’efficacia degli interventi con questi mezzi è indubbia. L’agricoltura del futuro passerà anche dai droni».