Dalla Cina a Ravenna, ma non può andare al funerale della nonna

Archivio

Le norme sulla quarantena hanno impedito a Paolo (nome di fantasia) di partecipare ai funerali della nonna. L’uomo è giunto a Ravenna da Shenzhen, megalopoli cinese di 13 milioni di abitanti, nella provincia di Guangdong, che anche pochi giorni fa ha registrato zero casi di covid. «Sono molto dispiaciuto per non essere riuscito a dare l’estremo saluto a mia nonna e non aver condiviso di persona il dolore con miei familiari – dice –. Dall’Ausl mi hanno spiegato che la Cina, in base alle indicazioni del Ministero, rientra ancora tra i Paesi a rischio, per i quali sono necessari dieci giorni di quarantena».

L’arrivo in Italia

Paolo racconta la sua disavventura: «Dopo aver espletato tutte le procedure per il rientro, compresa la denuncia del mio arrivo all'Ausl di competenza, ho ricevuto una mail che mi imponeva l'isolamento domiciliare volontario perché rientrato “da un'area ad elevata circolazione locale del nuovo coronavirus”. Ma i dati dell’Oms dicono tutt’altro: la Cina ha riportato 33 nuovi casi nelle ultime 24 ore, 1 ogni 42,5 milioni di abitanti, mentre l'Italia ne ha riportati 2.967, 1 ogni 20mila abitanti. Nell'ultima settimana ha avuto 310 casi, 1 ogni 4,5 milioni di abitanti, mentre l'Italia ne ha riportati 21.720, 1 ogni 2.700 abitanti. Nessuno dei paesi europei ha dati paragonabili a quelli della Cina, dove sono stato negli ultimi 20 mesi, e ricordo che di ritorno dai paesi europei non è necessaria alcuna quarantena». Paolo di mestiere vende vini e si è trasferito per commerciare i prodotti enologici della Romagna: «Io e mia moglie siamo volati in Cina il 28 gennaio 2020 – racconta –; nei giorni seguenti al nostro arrivo, la situazione sanitaria è precipitata. Dall’Italia i nostri amici ci dicevano di tornare a casa perché non eravamo al sicuro, ma il paradosso è che nel giro di qualche settimana la situazione si è ribaltata. Mentre in Cina le cose iniziavano ad andare meglio, in Europa, e in particolare in Italia, la pandemia imperversava e gli amici ci consigliavano di rimanere lontano». Paolo racconta dei mesi in cui gli italiani erano visti come degli untori: «Ad aprile e maggio dall’Italia arrivavano notizie pessime e i cinesi temevano che il virus, che nel frattempo erano riusciti praticamente a debellare, rientrasse per colpa degli europei. Una volta stavamo per entrare in una spiaggia vicino a Shenzhen. Per via del covid gli ingressi erano contingentati. Prendevano la temperatura e chiedevano la zona di provenienza. Quando abbiamo detto Italia, l’addetto al controllo si è infilato subito i guanti, si è disinfettato, si è messo gli occhiali protettivi e la doppia mascherina. Siamo stati fermi mezz’ora e una volta terminato ci hanno detto che nel frattempo i posti disponibili erano esauriti».

A novembre il ritorno

Paolo e sua moglie torneranno in Cina a novembre: «I vini romagnoli sono molto apprezzati, soprattutto nei periodi di festa. Vanno forte Albana, Sangiovese, Trebbiano. Li consumano insieme ai loro cibi tradizionali. Tornare a Shenzhen non sarà semplice, sono molto rigidi negli ingressi; non potremo prendere un volo diretto e siamo destinati a fare circa cinque settimane di quarantena. Sono comunque fiducioso, siamo entrambi vaccinati con il siero cinese, grazie al quale abbiamo il loro green pass. I sieri cinesi però non sono riconosciuti in Europa per cui siamo sprovvisti del certificato verde valido in Italia, ci stiamo informando sulla possibilità di fare una dose di vaccino a Ravenna per ottenere anche il green pass europeo».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui