Camere di Commercio: in bilico il destino di Ravenna

Cesena

Confindustria Romagna con il nuovo presidente Roberto Bozzi torna a chiedere che Ravenna entri per fusione nella Camera di commercio che vede assieme Forlì - Cesena e Rimini. Ma arriva un emendamento, inserito nella legge di stabilità che invece propone di salvare l’autonomia di quegli enti che non sono arrivati all’accorpamento, come è successo a Ravenna e Ferrara, promesse l’una all’altra e poi rimaste sole.

Legge di stabilità

L’emendamento firmato dalla senatrice Paola Boldrini di Ferrara e dai colleghi Alan Ferrari e Andrea Marcucci, chiede, fatti salvi gli accorpamenti già conclusi, di modificare i criteri e le modalità per la revisione del numero massimo delle Camere di commercio e della loro dimensione minima, in deroga alle norme vigenti dal 2015. Il voto del parlamento, dopo che il governo non è venuto a capo dell’annosa questione potrebbe dire una parola definitiva o almeno togliere dal pantano Ravenna e anche Ferrara, sia che venga accolto l’emendamento salva autonomia sia che il governo decida poi di proseguire con le fusioni previste. Ma dopo la presa di posizione dei sindaci delle due città, Michele De Pascale e Alan Fabbri, che nei mesi scorsi hanno chiesto al ministro Giorgetti di lasciare liberi i due enti camerali, l’eventualità di una fusione continua a non piacere.

L’autonomia

L’unico modo per Ravenna di ripensare un’alleanza tutta da scrivere con il resto della Romagna sarebbe in prospettiva quello appunto riconquistare l’autonomia. «La norma non la facciamo noi – assicura De Pascale - il piano prevede la fusione Ravenna e Ferrara perché all'epoca della riforma le associazioni di impresa della provincia di Ravenna decisero così. Io mi sono sempre battuto contro questa riforma che obbliga a fondersi. La Camera di Ravenna ha tante risorse, che investe e non avrebbe alcuna urgenza di fondersi. Ora se si va avanti con le fusioni la partita è chiusa e la via è quella che ci vuole con Ferrara. Se invece arriva la deroga e viene confermata l’autonomia, non ci sono più tagliole e si può ragionare in futuro anche di un percorso per la camera della Romagna». I dubbi ravennati, sempre malcelati, rispetto alla Romagna affondano nella diversa situazione degli enti, Ravenna con un patrimonio e nessun indebitamento e una ridistribuzione di risorse alle imprese, la Romagna che ha fatto forti investimenti per finanziare fiere e aeroporti, accendendo mutui. Da Ferrara la senatrice Boldrini, nei giorni scorsi dichiarava ad Estense.com: «perdere l’autonomia di Ferrara e dare avvio a una fusione con Ravenna, significherebbe smarrire un patrimonio identitario importante, col rischio di rallentare, per i naturali assestamenti che seguono simili operazioni, l’attività della nascente ‘unica’ Camera di Commercio».

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