Bagnacavallo, i cavalli salvati dall'alluvione al sicuro nella pineta di San Vitale

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Dalle campagne di Bagnacavallo arriva una storia esemplare di solidarietà e di coraggio. Per Giuliano Bravi l’alba del 3 maggio rimarrà scolpita nella memoria, quando davanti alla piccola scuderia, Lacchina Ranch di Boncellino, che gestisce con la moglie e alcuni amici, si è trovato di fronte alla rottura dell’argine del fiume Lamone e subito è stato chiaro che i fossi non avrebbero potuto trattenere l’impeto dell’acqua a rischio ci sarebbero stati anche i suoi cavalli. Ore drammatiche terminate con un lieto fine e con gli animali ora al sicuro nella pineta San Vitale.


Il salvataggio

«Ho liberato i cavalli, li ho portato in un terreno più alto, poi nella proprietà del vicino; poi ancora in prossimità della fabbrica di sementi, ma l’acqua continuava a salire e la corrente si faceva forte e impetuosa. A un metro e 20 non si vedeva più la traccia dei fossi e della strada. Abbiamo sacrificato le auto del tutto sommerse, per salvare i cavalli. Non c’era tempo da perdere». Unica via di fuga la massicciata della ferrovia e lungo i binari, un animale alla volta, Bravi con la moglie, la figlia e pochi amici hanno salvato 13 cavalli, tra i quali un puledro di 5 giorni con la mamma. Una lotta contro il tempo durata tutta la mattinata, e grazie all’aiuto di amici con i trasporti adeguati gli animali sono stati trasferiti al circolo ippico ravennate sulla Statale Romea.

La pineta

«Dopo una notte di riposo al circolo, 4 esemplari abituati al pascolo, sono stati liberati nella pineta San Vitale; altri sono stati collocati dai proprietari altrove, e 5 sono in scuderia. Il circolo era l’unico luogo che poteva ospitare un così alto numero di cavalli. Mi premeva averli vicino per poter continuare ad accudirli. Ora stiamo cercando di portare via il fango con la speranza, a fine giugno, di riportare a casa i cavalli e di tornare operativi in tre mesi». La furia dell’acqua che ha raggiunto i 2,40 metri e ha spostato di 25 metri la struttura in legno della selleria, lasciando danni ovunque, non ha portato via la forza e il coraggio di reagire. «Piangere non serve a nulla – assicura Bravi - il giorno del salvataggio dei cavalli non sentivamo il freddo, la fatica, la fame, ci ha aiutato non sapere di non essere soli, avere la presenza degli amici e dei volontari che anche sabato e domenica erano con noi: chi ha riparato i trattori chi ha portato tagliatelle e ragù per condividere la tavola». Grazie all’associazione Sareis, società allevatori razze equine sella, nata nel 1978, oggi 300 ettari di pineta sono adibiti a mantenere viva la tradizione dei cavalli al pascolo, nota dal 1400, quando i monaci dell’abbazia di San Vitale li importarono in quel luogo per allevarli. Bravi, tra i soci Sareis, guarda il fiume con preoccupazione. «Sono nato vicino al Lamone, 59 anni fa, lo conosco bene, è il mio fiume. Ho sempre pensato fosse l’unico fiume che non potesse rompere l’argine per la vicinanza della valle della Canna, del Fossatone e di Punta Alberete. Ho sempre avuto fiducia nel Lamone».

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