Ravenna, dal bancone ai campi: i baristi ora raccolgono la frutta

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Non si vedevano da anni, ma nel 2020 – a causa degli effetti economici della pandemia – i lavoratori italiani sono riapparsi nei campi per la raccolta della frutta. Quest’anno sono tornati, alcuni non hanno visto riaprire il bar o il ristorante dove erano occupati, altri invece hanno scelto di fare gli stagionali in campagna piuttosto che rischiare nuove chiusure repentine nel mondo del commercio e dei pubblici esercizi. «Le lavorazioni stagionali – spiega Andrea Betti, presidente di Confagricoltura – sono iniziate dopo Pasqua con il trapianto dei pomodori. Alcune aziende hanno assunto personale italiano che normalmente faceva la stagione estiva come cameriere o barista. Certo, non sono grandi numeri, ma è un fenomeno in atto. Sono persone che hanno deciso dopo l’emergenza di rimanere nel settore agricolo. Se sono in grado di raggiungere le 151 giornate possono accedere alla disoccupazione. È un lavoro molto duro ma è meno stressante di tanti altri e dà particolare libertà. Per questo c’è una riscoperta».

Rispetto al 2020 l’arrivo di lavoratori stranieri potrebbe essere meno difficoltoso grazie a forme di pass vaccinale e con tamponi in entrata. Per ora rimangono chiuse le frontiere con India e Bangladesh, ma ancora non ci sono procedure definite. «L’anno scorso – ricorda Betti – l’assenza di lavoratori di quelle aree del mondo, impiegati nei pomodori precoci in serra, venne colmata con altra manodopera. Quest’anno probabilmente ci saranno arrivi dall’Europa, come Albania e Romania. Al momento non siamo in grado di sapere quanta manodopera servirà, stiamo ancora contando i danni delle gelate».

A preoccupare sono le colture di pere e mele e la viticoltura, danneggiate a macchia di leopardo, spiega il presidente, un po’ in tutta la provincia. «Sappiamo già che alcuni stabilimenti di trasformazione della frutta non apriranno per mancanza di prodotto. Nel 2019 abbiamo subito la cimice asiatica, nel 2020 e 2021 le gelate. Sono anni che le aziende raccolgono poco, non hanno redditività e sono sempre più indebitate. Per questo per salvare le aziende e l’indotto servono fondi e la proroga della sospensione delle rate dei mutui, fissata a giugno. Salvare la frutticoltura vuol dire evitare una forte disoccupazione». Gli agricoltori rivendicano un ruolo nell’economia nazionale, le produzioni legate al cibo non hanno conosciuto flessioni nella domanda, ma servono tutele. «L’agricoltura è il futuro – assicura Betti – ma il settore va potenziato, con la valorizzazione delle nostre produzioni e un rapporto più equo con la grande distribuzione. Dove c’è equilibrio c’è crescita. Un frutteto è paragonabile a un bosco, estirpare un vigneto peggiora la qualità dell’aria». 

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