Gli artisti Ucraini tornano in patria: "Grazie Ravenna"

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Erano arrivati in 60, il 6 aprile, in fuga dalle bombe e da Kiev, coristi e ballerini del teatro nazionale, alcuni con la famiglia, raccolti al confine con la Polonia e portati a Ravenna in pullman, grazie all’appello di Cristina Muti e all’organizzazione della rete di associazioni Ravenna Solidale. Ora torneranno a Kiev, nel loro teatro da 1.450 posti, ridotto a una capienza di 350 perché quello è il numero di persone che in caso di allarme può essere accolto nel bunker, predisposto nei sotterranei. La partenza per 27 coristi è fissata per sabato 23, mentre il corpo di ballo è già partito in giugno per una tournée in Giappone. Da martedì 26 riprenderanno la loro vita, in un paese in guerra, dopo 3 mesi di accoglienza a Ravenna. Al termine dell’ultimo concerto dei 7 di Ravenna festival ospitato mercoledì sera al museo nazionale, presente Cristina Muti, e dopo una lunga scia di esibizioni il maestro di coro Bogdan Plish racconta le emozioni di questi mesi, lui che voleva arruolarsi ma a cui è stato detto di continuare ad esibirsi e fare il lavoro che sa fare meglio. «Cento giorni a Ravenna e 50 tra concerti ed esibizioni: è stata una corsa per ringraziare dell’accoglienza ricevuta e per portare la musica dell’Ucraina e raccogliere fondi. In questi mesi di guerra abbiamo scoperto che la paura non può fermare la vita, è avvenuto un cambiamento dentro di noi, abbiamo capito che bisogna andare avanti, conosciamo i rischi, ma rientriamo con le nostre famiglie con gioia perché torniamo a casa».

L’abbraccio

Il legame con Ravenna nasce nel 2018, complice un viaggio dell’Amicizia a Kiev un grande doppio concerto diretto da Riccardo Muti. A Ravenna hanno trovato attenzione, amicizie, e nuove collaborazioni artistiche. «Abbiamo fatto la maggior parte dei concerti per Ravenna con il Festival, prendendo parte al concerto dell’Amicizia di quest’anno a Lourdes e Loreto; siamo stati a Venezia e abbiamo cantato diverse messe in duomo. Ma non posso dimenticare i sentimenti provati il giorno del nostro arrivo alla stazione di Przemysl, in Polonia. Abbiamo attraversato l’Ucraina in lacrime, sapendo quanto fosse ingiusto e violento ciò che stava accadendo con i barbari arrivati per distruggere il nostro paese. Ricordo l’abbraccio con Cristina e il pianto, e ancora il pensiero che tante persone che non conosci si adoperano per accoglierti e altre invece che arrivano nel tuo paese per uccidere. Ho vissuto sentimenti contrastanti, ero onorato di tanta attenzione e aiuto ma mi sentivo in colpa, io ero al sicuro e qualcuno che aveva più bisogno di me era ancora in Ucraina». La permanenza in città all’interno dell’ex Casa del Clero gestita dalla cooperativa La Pieve, la vicinanza e il sostegno di tanti volontari hanno garantito al gruppo la possibilità di esibirsi e di tenere soprattutto i bambini al sicuro. «Con Ravenna il legame è ormai indelebile, il progetto del viaggio dell’Amicizia e di Cristina Muti non è fatto di sole parole ma si tratta davvero di persone che si uniscono nel nome dell’arte. La distanza fra noi non cambierà questo legame e appena si potrà suoneremo ancora insieme a Kiev. Porterò con me il ricordo dei vostri monumenti, il calore delle persone e dei vostri cuori, le lacrime di chi si è commosso ai nostri concerti».

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