Volley, Brusi: "Quello storico scudetto del 1991 con il Messaggero Ravenna"

Togliendo la polvere ai ricordi dello scudetto del 1991, fa piacere sentire Giuseppe Brusi lucido e grintoso come trent’anni fa, nonostante qualche malanno superato brillantemente e altri in corso di smaltimento. Ricordare lo scudetto del Messaggero del 25 maggio di 30 anni fa è come invitarlo a nozze, anzi meglio. È come lasciargli il microfono aperto a piacere. Ma l’uomo che ha portato la pallavolo ravennate sul tetto d’Italia prima e del mondo poi non vive nel passato, quindi prima di aprire l’album dei ricordi vuole togliersi un paio di sassolini dalle scarpe parlando del presente.
«La pallavolo a Ravenna va rifondata, con dirigenti nuovi e soci che vadano in tasca e non pensino solo a fare passerella. L’ho detto anche agli attuali vertici maschili, quando sono stato contattato per un consiglio e per un eventuale ingresso in prospettiva. Mi aspetto che si tornino a fare le cose per bene e per cominciare bisogna provare a fare la Superlega anche nel prossimo campionato».
Anche senza giocatori sotto contratto? «Si faccia una squadra giovanissima, che comprenda magari lo stesso Alessandro Bovolenta per intenderci, poi si cerchino due stranieri giovani che abbiano prospettiva. Si andrebbe verso una retrocessione molto probabile? Non dovrà essere un problema, perché si metterebbero le basi per un progetto solido e basato su giocatori giovani e su una dirigenza all’altezza».
Il volley dei colossi
Tolti i sassolini, possiamo passare alla nascita dell’epopea del Messaggero Volley. Spostiamoci quindi al marzo 1990 e all’inizio di quella storia. L’Italia, economicamente sta complessivamente bene, ma chi sta alla grandissima sono i grandi colossi: Mediolanum decise di investire anche nella pallavolo maschile, il gruppo Benetton pure e senza bisogno che nessuno lo tirasse per la giacca, anche il gruppo Ferruzzi decise di andare a vedere quello che succedeva. Ovviamente a Ravenna, perché è vero che nel basket aveva investito a Roma, ma se parlavi di pallavolo parlavi della squadra della tua città, considerata la culla di questo sport in Italia.


Uno come Brusi, ormai approdato sulla sponda maschile, non poteva lasciarsi scappare l’opportunità. Una telefonata all’amico Gianni Pasini, imprenditore edile amico della famiglia Ferruzzi ed ecco che l’appuntamento con Carlo Sama era fissato. «In poche settimane - ricorda Brusi - ci fu il passaggio di proprietà e con il budget notevolissimo a disposizione pensai di chiamare in America il mio ex giocatore Aldis Berzins per avere notizie di Kiraly e Timmons, i migliori al mondo».
L’arrivo dei due americani risveglia in città la passione per la pallavolo, che diventa presto una mania. Palasport, il nuovissimo Mauro De Andrè, sempre pieno come un uovo, teenagers che bivaccavano a Marina davanti alle villette di Kiraly e Timmons nella speranza di vederli. Sama non bada a spese, ma per assicurarsi il meglio non bastano solo i soldi, servono acume e intelligenza: roba da Brusi, insomma. Ecco anche Fabio Vullo, il miglior regista italiano di tutti i tempi, persona autentica e vera anche fuori dal campo che non esitò a litigare con il ‘vate’ Julio Velasco ai tempi di Modena. Poi Masciarelli, Errichiello, ardini da Bagnacavallo, fenomenale centrale e infine il ‘cucciolo’ Margutti, che Brusi aveva visto crescere nella sua squadra e non esitò a gettare nella mischia in un contesto così prestigioso. Nella primavera del ‘91 a Ravenna sbocciò lo scudetto, unico modo all’epoca per approdare in Coppa Campioni. «Vincere contro squadroni come Maxicono e Mediolanum non era scontato ma ci riuscimmo e il mio orgoglio è di averlo fatto con il giovane Margutti in campo e il ravennate Daniele Ricci, un amico, in panchina. Parma era una potenza dentro e fuori dal campo, finchè non cadde l’ultima palla della finale non fui sicuro di vincere lo scudetto. Da lì spiccammo il volo verso il Mondiale per Club (27 ottobre, ndr) e le Coppe Campioni, ma questa è un’altra storia».

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