Ossa e pergamene dentro l'urna

Rimini

CESENA. Un applauso ieri mattina poco prima delle ore 11 nell’aula del Nuti ha accompagnato la rimozione, da parte della la ditta Ahrcos, della lapide quattrocentesca che nei giorni scorsi era stata imbragata con un’apposita cinturiazione e dietro alla quale è venuta alla luce l’urna funebre che si presume contenga i resti di Malatesta Novello: morto nel 1465.
Ad accertarlo in modo scientifico sarà l’équipe del paleopatologo Francesco Maria Galassi dell’Università di Zurigo.
Un primo indizio “positivo” è l’iscrizione “M. N.”, ovvero le iniziali del Signore di Cesena, ben leggibile sull’urna in pietra arenaria con coperchio piramidale acroteriato risalente al 1905. Epoca in cui furono fatti lavori di restauro, compresa la sostituzione della precedente urna in legno in cui nell’800 furono raccolte le spoglie che dalla chiesa di San Francesco furono trasferite all’interno della Biblioteca Malatestiana.
Con la massima cautela l’urna è stata estratta dalla parete e posta su di un carrello per essere condotta nella sala San Giorgio dove è stata scoperchiata. Di qui in avanti a farla da padrone sono le indiscrezioni. Visto che i primi risultati ufficiali delle ricerche verranno resi noti soltanto domani.
A quanto pare all’interno dell’urna sono state rinvenute un ammasso di ossa assieme a due cilindri in piombo contenenti altrettante pergamene. Una conferma di quanto era indicato anche da alcune fonti documentali, che con ogni probabilità testimoniano le precedenti riesumazioni. Non è quindi da escludere che una terza pergamena possa dunque essere collocata all’interno, quando l’urna verrà richiusa e riposta nella sala del Nuti.
I primi indizi aumentano le possibilità che si sia di fronte alle vere spoglie di Novello, ma si tratta di dati non è sufficienti. Si procederà per gradi. Come ha spiegato lo stesso Galassi una prima indagine dovrà accertare che si tratto di ossa di un uomo compatibili con quelle di Malatesta al momento del decesso. In questo caso saranno sottoposte ad una analisi al radio carbonio presso i laboratori di Zurigo per determinare la datazione. Un’ulteriore compatibilità darà il via all’analisi genetica, sperando che dopo tanti secoli la struttura del dna si sia sufficientemente preservata. A quel punto sarà infine necessario comparare il dna con quello di un familiare certo, ovvero del padre Pandolfo III, sepolto a Fano, già oggetto di studio genetico.

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