Vetrano e Radisi a Imola in una riduzione di "Macbeth"

Furia, sangue, incubi, odio. In una stanza vuota Lady Macbeth cerca di sbiancare le proprie mani e ogni suo gesto produce frammenti di parole, voci, rumori. Nella stessa stanza Macbeth ha ucciso il sonno ed è ossessionato dai fantasmi della sua mente. È come se tutto fosse esploso: lei ha perso la memoria per non ricordare l’orrore che ha istigato e di cui è stata complice, e lui non capisce più chi è vivo e chi è morto tra coloro che li circondano.

Come si fa a ricostruire una vicenda così antica e così dolorosa da non ricordarne più i contorni, le motivazioni, le conseguenze? Chi può rivivere storie lontane come quella di Macbeth e della sua Lady, o raccontare storie vicinissime a noi, che ritroviamo in fatti di cronaca nera che quotidianamente ci stordiscono? Ci vuole qualcuno, al di fuori di queste storie, che possa riavvolgere il nastro per farlo ricominciare daccapo. È necessario guardare indietro alle proprie azioni come se fossero state compiute da altri, distribuirle a corpi diversi, in un gioco di specchi, per liberarsi delle proprie colpe.

È lo spettacolo I Macbeth di Enzo Vetrano e Stefano Randisi , in scena a Imola con Giovanni Moschella e Raffaella D’Avella: quattro persone le cui ossessioni si tramutano in omicidio.

È l’intero lavoro a essere incentrato sull’ossessione. E su stragi che si spiegano solo così, ieri e oggi: un trono, un’eredità, i compagni di scuola, vicini troppo rumorosi, preghiere a un altro dio. Poco cambia, il risultato è sempre lo stesso: un massacro.

Francesco Niccolini ha tradotto e ridotto il Macbeth di William Shakespeare per una produzione di Arca Azzurra e Centro Teatrale Bresciano.

In questa versione la storia e i personaggi portati alla ribalta da Shakespeare sono inscindibilmente connessi alla natura umana. Tutto viene ricondotto a una dimensione individuale. E la storia narrata si incrocia con la cronaca di alcuni dei più efferati delitti compiuti negli ultimi anni, come la strage di Erba della coppia omicida Olindo e Rosa. Mentre il monologo finale trova coincidenze nelle parole del serial killer Carl Panzram: «Ritengo che l’intera razza umana debba essere sterminata... Io ho fatto il mio dovere. Ora fate il vostro».

Ma non si assiste mai alla violenza in scena perché, come nella tragedia greca, essa è già avvenuta e rivive nel racconto.

«Nell’accostarci a questo Macbeth – spiega la coppia di artisti imolesi – ci siamo chiesti come rendere vero e comprensibile l’orrore e l’efferatezza dei crimini compiuti da Macbeth e dalla Lady. Come raggiungere il cuore della complicità, dell’ossessione, della perdita di coscienza che può portare due individui a compiere un assassinio e poi un altro, un altro e un altro ancora».

Lo scopriremo presto: lo spettacolo sarà in scena dal 29 marzo al 2 aprile al teatro Stignani di Imola.

Info: 0542 602600

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