Stoccaggio della CO2 l’Appennino protagonista del “carbon farming”
- 04 ottobre 2023

Sono giunti operatori da tutta Europa sull’Appennino reggiano, parmense e modenese per una due giorni dimostrativa alla scoperta del progetto Life agricolture. L’Unione Europea sta promuovendo il “carbon farming” come nuovo modello di business per combattere le cause e gli effetti del cambiamento climatico. Life Agricolture va esattamente in questa direzione, punta a sperimentare nuove tecniche di agricoltura conservativa dell’ecosistema, buone pratiche di allevamento che, unite a una corretta regimentazione dei suoli, consentano di contenere le spese e di stoccare carbonio nei terreni con evidenti benefici ambientali.
Un obiettivo che viene sviluppato interrogandosi sul ruolo che l’allevamento animale può svolgere nei territori montani ai fini della protezione del suolo e del contributo alla mitigazione del cambiamento climatico e delle emissioni di gas a effetto serra (GHG). Promotori sono i Consorzi di bonifica dell’Emilia Centrale (Reggio Emilia) e della Burana (Modena), il Parco Nazionale dell’Appennino e il Centro Ricerche Produzioni Animali - Crpa, con il coinvolgimento di 15 aziende nel comprensorio di produzione del Parmigiano Reggiano in Emilia Romagna.
«La caratteristica di questo progetto - sottolinea Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) - è di coinvolgere gli agricoltori in maniera partecipata; attuato in area montana, aiuta la tenuta della redditività in Appennino: un modello basato sulla qualità da esportare». «Qui si dimostra che è possibile cambiare assieme, grazie alle esperienze di aziende, leader nella sperimentazione» evidenzia il polacco Mateusz Ciasnocha, Ceo European Carbon Farming e valutatore del comitato di gestione. «La chiave di riuscita del progetto è nell’unire la conoscenza teorica dei ricercatori all’esperienza degli agricoltori» aggiunge l’austriaca Nina Kovacs della Biosphärenpark Wienerwald. «Questa esperienza dimostra che è possibile contrastare il cambiamento climatico anche con innovative tecniche agricole. È un ulteriore esempio del nostro impegno da protagonisti per un modello di sostenibilità che, per essere vincente, non può prescindere dalla compatibilità fra obiettivi ambientali, economici e sociali» chiosa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI. «L’auspicio - conclude - è che da questa esperienza, ora in fase di valutazione conclusiva, possano nascere nuove collaborazioni di valore europeo. Un obiettivo comune deve essere mantenere il presidio dell’uomo nei territori alti da cui nasce la sicurezza idrogeologica a valle». Il caso studio del sistema foraggero e zootecnico dell’Appennino emiliano rappresenta, per Life agriCOlture, una condizione privilegiata per testare buone pratiche di mitigazione legate all’allevamento e alla foraggicoltura di montagna e la loro messa a sistema e replicazione. Un caso studio privilegiato soprattutto per il livello di organizzazione produttiva e sociale espresso dalla filiera del Parmigiano Reggiano e per il carico animale presente in questo territorio, il più alto in area appenninica e forse il maggiore di tutta la montagna italiana.
Un esperimento promettente che mostra la vitalità e la capacità di ricerca, innovazione e sperimentazione dell’Emilia Romagna, impegnata - come è noto - in progetti CCS (Carbon Capture and Storage) semplici da realizzare, con costi competitivi e in tempi brevi come nel caso del Progetto Ravenna CCS. Un progetto che, grazie ai giacimenti di gas esauriti o in via di esaurimento nell’offshore dell’Adriatico consentirà nella configurazione attuale di evitare 16 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, equivalenti al 52% del totale delle emissioni non abbattibili con altre soluzioni. E in prospettiva potrebbe consegnare all’Italia un ruolo di leadership nello scenario di decarbonizzazione internazionale, sostenendo il dibattito a livello europeo con proposte concrete per lo sviluppo della CCS.