I castagneti e il territorio: dalla bonifica integrale alla rinascita ambientale

Verde
  • 27 ottobre 2025

Dalla montagna alla pianura, la fragilità del territorio italiano chiede risposte concrete. A indicarle è arrivato da Imola un messaggio chiaro: non esiste sostenibilità senza manutenzione né futuro senza una nuova alleanza tra natura e intervento umano. È questa la sintesi del convegno “Contro la fragilità del territorio: rivalutare i castagni e partire con la bonifica integrale”, promosso dall’Accademia Nazionale di Agricoltura e dall’Università di Bologna.

Il confronto ha riacceso i riflettori su due fronti complementari: la bonifica integrale, da ripensare come strategia di prevenzione e gestione del rischio idrogeologico, e la valorizzazione della castanicoltura, vista come chiave di rinascita economica e ambientale per le aree interne. L’obiettivo è ambizioso ma realistico: costruire un nuovo equilibrio tra natura e presenza umana, recuperando i versanti abbandonati, riattivando infrastrutture idrauliche e forestali, e restituendo valore ai boschi come presìdi di stabilità e biodiversità.

L’Italia, è stato ricordato, possiede la biodiversità forestale più ricca d’Europa, frutto di un secolo di politiche di bonifica e rimboschimento che hanno fatto crescere la superficie boschiva da 4,6 a 11 milioni di ettari. Ma oggi, con l’intensificarsi degli eventi climatici estremi, quelle opere mostrano i segni del tempo. «Serve un riassetto globale, una gestione coordinata che parta dalla montagna e arrivi alla pianura», è stato sottolineato nei lavori.

Da qui la proposta di una nuova stagione di bonifica integrale, non solo idraulica ma anche ecologica, fondata sulla collaborazione tra enti, consorzi, università e comunità locali. Un approccio che l’Emilia-Romagna, e la Romagna in particolare, possono interpretare come laboratorio d’avanguardia: un territorio dove i boschi e i castagneti non sono margini, ma risorse da cui ripartire. Nel cuore di questa visione si inserisce il Centro Nazionale per lo Studio e la Conservazione della Biodiversità Forestale, istituito nel Castagneto Didattico Sperimentale di Granaglione, sull’Appennino bolognese. Come ha spiegato il presidente dell’Accademia, Giorgio Cantelli Forti, il centro è dotato di tecnologie di monitoraggio come il TreeTalker e si propone di unire ricerca, formazione e sperimentazione per la gestione sostenibile delle foreste. Un modello che potrà essere replicato in molte altre aree montane del Paese.

Altro punto cardine emerso dal confronto riguarda il ruolo dei Consorzi di bonifica, che ogni giorno mantengono operativi 900 impianti idrovori e oltre 230mila chilometri di canali, impedendo che un terzo della pianura torni palude. Come ha ricordato Daniele Vincenzi (Anbi), «l’abbandono delle zone interne non è rinaturalizzazione, ma moltiplicatore di rischio»: senza la “mano umana” che cura e gestisce, aumenta la vulnerabilità di tutto il sistema.

Per la Romagna, che negli ultimi anni ha vissuto in modo drammatico gli effetti dell’instabilità climatica, il messaggio è forte e diretto: rigenerare i territori significa proteggerli. Rilanciare i castagneti storici, presidiare i versanti appenninici e reinvestire nella cura delle acque non è nostalgia, ma una scelta di futuro. Imola, in questo senso, diventa l’auspicio di una prospettiva: quella di un Paese che vuole tornare a prendersi cura della propria terra, partendo dalle radici, in senso letterale e civile.

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