Dalle barene di Venezia all’Adriatico: il telerilevamento svela i cambiamenti

Verde

Dalla morfologia delle barene veneziane alla mappatura delle torbiere alpine, fino ai progetti sul cambiamento climatico nell’Adriatico: la professoressa Sonia Silvestri, docente dell’Università di Bologna ed esperta di telerilevamento ambientale, racconta a Verde come le tecnologie satellitari, aeree e da drone stiano rivoluzionando la conoscenza di ecosistemi fragili e spesso invisibili a occhio nudo. Una finestra nuova su trasformazioni profonde, un’opportunità decisiva per la gestione e la tutela del territorio.

Professoressa, cominciamo dalle basi: che cosa significa davvero “telerilevamento” e perché è così utile per studiare lagune, estuari e torbiere?

«La parola telerilevamento viene dall’inglese remote sensing, che significa semplicemente “studiare da lontano”. Oggi possiamo farlo grazie a numerosi sensori installati su tre tipi di piattaforme: satelliti, aerei e droni. Ogni piattaforma ci offre una scala diversa di osservazione, e la combinazione di queste scale è ciò che rende il telerilevamento uno strumento così potente».

Che tipo di informazioni - non ottenibili con i metodi tradizionali - forniscono questi sistemi?

«La scala è l’elemento chiave. Con un drone possiamo arrivare a distinguere le singole piante, come la canna di palude, e analizzare ambienti molto eterogenei. Questo ci permette di osservare dinamiche legate a biodiversità, idrodinamica, erosione e sedimentazione. In lagune come quella di Venezia, ad esempio, stiamo documentando la progressiva scomparsa delle barene, ambienti di transizione tra mare e terra che stanno cedendo all’innalzamento del livello del mare e alla mancanza di sedimenti».

Le barene hanno anche una storia molto particolare...

«Assolutamente sì. Sono ambienti fangosi ma vegetali, né completamente sommersi né emersi, e proprio strutture simili hanno permesso l’ampliamento dei primi insediamenti della Venezia antica. Gli abitanti le consolidavano piantando nel fango tronchi di legno, su cui poi sono sorte nuove e poi palazzi veneziani. Oggi, al di là del valore storico, sappiamo che sono ecosistemi naturali straordinari: ospitano un’enorme biodiversità e assorbono molta CO2, diventando veri e propri serbatoi di carbonio fondamentali per mitigare il cambiamento climatico».

Le immagini satellitari mostrano segnali di trasformazione legati al cambiamento climatico?

«Sì. Grazie a scale diverse possiamo osservare fenomeni molto puntuali oppure estesi su intere regioni. I satelliti monitorano il pianeta intero e permettono di analizzare atmosfera, oceani, coste, vegetazione, geomorfologia. In questo periodo, ad esempio, sto lavorando sulle torbiere alpine: lungo l’arco alpino italiano ce ne sono più di 6mila e molte altre sono ancora sconosciute. È proprio grazie ai dati satellitari che riusciamo a individuarle e mapparle».

Esistono stime molto ambiziose sul potenziale del telerilevamento. Per esempio: con i monitoraggi in situ si controlla solo lo 0,1% dei laghi del mondo, mentre con i satelliti si potrebbe arrivare oltre l’80%. È davvero così?

«Non lavoro direttamente sui laghi, ma la direzione è corretta: il telerilevamento nasce proprio per ampliare enormemente la superficie osservata. Il dato satellitare da solo, però, non basta: deve essere calibrato con misure raccolte a terra, le cosiddette “verità a terra”. La cosa straordinaria è che ne servono poche: pochi punti di verifica sul campo permettono di costruire modelli affidabili su territori vastissimi. È così che, con alcune misure mirate, possiamo analizzare intere coste - come quella italiana - estendendo le informazioni grazie alle immagini dallo spazio».

In Romagna quali progetti state seguendo?

«Come Università di Bologna siamo coinvolti nel progetto europeo Interreg Italia-Croazia AdriaClimPlus, che mette insieme tutte le regioni e le agenzie ambientali che si affacciano sull’Adriatico, sia italiane sia croate. Il nostro compito è integrare il dato satellitare nei loro modelli, perché finora non veniva utilizzato».

Che cosa sta emergendo sullo stato della nostra costa?

«Per ora vediamo chiaramente gli effetti del cambiamento climatico: l’aumento delle temperature e quello del livello del mare. I satelliti ci permettono inoltre di monitorare parametri cruciali come il sedimento in sospensione, la clorofilla e l’eventuale proliferazione di microalghe o mucillagini. Tutti elementi fondamentali per capire come sta evolvendo l’Adriatico e quali rischi - o opportunità - si stiano presentando».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui