«Così vivo da 35 anni in un borgo fantasma». Per sentirsi felice gli basta il cielo trapuntato di stelle che «un altro così non ce n’è» e la voce del fiume che lo culla nel silenzio rotondo della notte. Tornare in Valmarecchia è stato il pensiero dominante per buona parte della sua vita, specie dagli anni Sessanta, quando Vittorino Giorgi, ora 77enne, dovette lasciare la frazione di Torricella a Novafeltria, emigrando in Lombardia. «Sono stato costretto a scappare – ricorda – qui non c’era lavoro». Ma dopo 31 anni passati in fabbrica, ha prevalso la nostalgia. Perciò torna con moglie e figlia, scegliendo il paesello di Libiano. È il 1987, la donna della sua vita, scomparsa nel dicembre scorso per Covid, si innamora subito del posto, «dove però manca tutto: dai negozi alla farmacia, inclusa la chiesa sconsacrata da 40 anni». Eppure «lei adorava passeggiare in cerca di erbe e funghi – rammenta –. Aveva trovato la sua dimensione, la città le stava stretta. E senza di lei, – riconosce – ora tutto è difficile».
I tanti privilegi
Vittorino non s’arrende e continua a gestire con il fratello, come negli ultimi 14 anni, un centro di tiro a piattello «dove c’è più movimento nel weekend». Nessun dubbio, «nessun rimpianto, sto bene qui, nei luoghi della giovinezza – afferma -. Gli amici vengono a trovarmi per giocare a carte ed io li raggiungo al bar». A garantirgli sostegno e premure è la figlia che abita a Maiolo, anche se lui che guida ancora, si reca spesso a Novafeltria «distante pochi chilometri». Alla malinconia cerca di «non prestare attenzione» e intanto non si perde una partita della Juventus. Tanti i privilegi di cui non saprebbe far a meno, dal «risveglio al canto degli uccellini, alla voce del Marecchia dove le donne lavavano i panni con la cenere, quando ancora il pane si cuoceva in casa». Certo è che si sente il «custode di una memoria storica collettiva che non deve andar perduta».
A dargli energia le passeggiate nel verde, seppur senza un cane al fianco perché, nota, sono «amici che hanno vita breve» e lui non vuole passare altri dispiaceri. La forza di vivere invece gliela dona il nipote di 10 anni a cui trasmette «insegnamenti, portandolo in aperta campagna quando fa scuro per sentire le voci degli animali notturni dal gufo al barbagianni e riconoscerle». La natura è cassa di risonanza delle emozioni, osserva, e la sera quando va a letto torna «bambino, immerso nel silenzio di una volta. Non c’è da rovistare in cerca di ricordi, conclude, sono tutti attorno a me».