Dopo il disastro del 16 e del 17 maggio, tutti gli occhi sono puntati sul problema delle ostruzioni dei ponti provocate da tronchi, ramaglie e materiale vario trasportato dalla corrente, che si accumula sotto le arcate finendo per fare da tappo. È un problema cronico, segnalato più volte anche in passato da cittadini preoccupati, ma dopo essersi scottati con l’esondazione è sempre più al centro dell’attenzione. Dalle zone appenniniche fanno però notare che occorre stare in guardia non solo sulle situazioni più eclatanti e appariscenti, come quelle del Ponte Nuovo e del ponte della ferrovia, due punti particolarmente critici da questo punto di vista nella zona urbana di Cesena. Più in quota ci sono diversi ponti meno noti che anche in queste ore sono alle prese con le stesse criticità. Col rischio di esondazioni di piccoli e grandi corsi d’acqua, che si aggiungono alle frane che stanno spuntando ovunque. Non solo. Quello che accade a valle dipende anche da ciò che capita a monte. Se non altro – osservano alcuni cittadini – perché quanto si incaglia sotto i ponti nelle aree montane e pre-montane finisce poi per essere portato giù verso la città, creando accumuli su accumuli.
Una delle ostruzioni di questo genere, emblematiche di una realtà diffusa, si trova sulle prime pendici dell’Appennino, a Ponte Giorgi. A segnalarlo sono residenti, attività e frequentatori della zona, che documentano anche con foto la presenza di una “matassa” di ramaglie che ha già creato uno sbarramento nell’arcata centrale del ponte. Un pericolo che minaccia di aggravarsi giorno dopo giorno, con l’incubo che nuovi rovesci causino piene più insidiose proprio perché ostruite da ostacoli naturali che si formano lungo fiumi e torrenti. Perciò viene chiesta una tempestiva rimozione del materiale e poi una manutenzione programmata e costante per risolvere il problema anche per il futuro. gpc