Un tris di salite di inizio autunno: 110 km con il "muro" di Giaggiolo

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Brutti, sporchi e cattivi. In questo itinerario fra le valli del Savio, del Borello e del Voltre, a cavallo tra l’entroterra di Cesena e Forlì, si scalano colli aspri e impervi, con asfalto spesso rugoso e rovinato: da Monte Finocchio, dal versante più complicato, quello di Sarsina, a Giaggiolo, un Mortirolo in miniatura, fino al vertiginoso muro di Pieve di Rivoschio, dove si sfiora il 20%. In mezzo, la più agevole ascesa al valico della Faggia, intermezzo pedalabile fra i due spauracchi. Le tre salite sono racchiuse nella parte centrale del percorso, che si aggira sui 110 km, mentre l’avvicinamento e il rientro non presentano difficoltà di sorta.

Itinerario

Itinerario: Cesena – Sarsina – Monte Finocchio – Ranchio – Civorio – valico della Faggia – Civitella – Cusercoli- Voltre - Giaggiolo – Pieve di Rivoschio – San Romano – Borello – Cesena. Distanza: 110 km.

Salite

  • valico di Monte Finocchio (612 m): lunghezza 5,4 km; pendenza media 6,7%, massima 14%; dislivello 361 m;
  • valico della Faggia (771 m): lunghezza 8,8 km; pendenza media 4,3%, massima 13%; dislivello 386 m;
  • Giaggiolo (494 m): lunghezza 6 km; pendenza media 6,5% (11,6% al netto del tratto in discesa), massima 17%; dislivello 382 m (483 m quello complessivo).

Riscaldamento e poi il Monte Finocchio

Prima di iniziare a salire, quindi, c’è modo di riscaldare bene la gamba, visto che i 30 km da Cesena, punto di partenza ideale, a Sarsina, lungo la vecchia strada regionale 71, sono tutti pianeggianti o al più ondulati. Una volta al centro del paese che ha dato i natali a Tito Maccio Plauto, si svolta a destra nella Strada provinciale 128 che, attraverso il valico di Monte Finocchio (o Musella) collega la valle del Savio a quella del Borello (indicazioni Calbano/Ranchio). L’ascesa, da questo versante, è breve (5,4 km) ma intensa, con rampe in doppia cifra e un salto di 361 m, dai 251 m di Sarsina ai 612 m del passo. La pendenza media, invece, pur ragguardevole (6,7%) non è più di tanto indicativa, perché falsata da alcuni segmenti in falsopiano o, addirittura, contropendenza. Pronti via, si fa subito sul serio, dato che nei primi 2 km si viaggia costantemente sopra il 7% (pendenza media 8,7%). Dopo un primo tratto in mezzo alle abitazioni di Sarsina, si attraversa il piccolo borgo di Calbano, in corrispondenza del quale la strada disegna una serie di tornanti, costeggiando l’arena plautina, rinomato anfiteatro che ospita frequentemente spettacoli e rassegne e da cui si gode uno splendido panorama sulla sottostante valle del Savio. Superato il km 2, la salita concede mille metri di tregua (4-6,6%) mentre la vista può spaziare sull’alta valle del Savio e le cime che la circondano, dal Comero al Fumaiolo fino al Carpegna. Allo scoccare del km 3, tuttavia, occorre tornare a concentrasi sulla strada perché il quarto chilometro è il più ostico, con punte abbondantemente sopra il 10% e rampe fino al 14%. Le fatiche terminano in corrispondenza del bivio per Monte Castello, cui seguono 200 m al 7%, poi la strada spiana e si guadagna senza problemi il valico. Di qui, in 7 km si raggiunge Ranchio (discesa pedalabile e filante, senza veri e propri tornanti). Gli ultimi 300 m, sono all’insù perché, superato il ponte sul fiume Borello, occorre risalire al bivio con la Strada provinciale 95, che si prende svoltando a sinistra. Si costeggia, in salita, il centro storico di Ranchio, arroccato su un massiccio di pietra arenaria a quota 333 m. Le sue origini affondano addirittura all’età del bronzo mentre le sue vicende ruotano attorno alla Pieve di San Bartolomeo, posta al centro del borgo, con componenti rinascimentali e barocchi, e l’Abbazia di Sant’Ambrogio, antico monastero benedettino-camaldolese di cui oggi rimangono solo poche testimonianze. Di qui, sia rotta su Civorio, affrontando 5,6 km molto movimentati, con tratti in discesa e altri in salita caratterizzati, spesso, da duri strappi, e asfalto non sempre in buone condizioni.

Il valico della Faggia: panorama super

Giunti nel piccolo centro abitato (415 m), composto dalla chiesa e da poche abitazioni sparse, si lascia la Strada provinciale 95 per svoltare a destra nella Strada provinciale 76 e attaccare la seconda ascesa del giro, quella che porta al valico della Faggia. Rispetto alla precedente, il coefficiente di difficoltà cala sensibilmente, basti pensare che la pendenza media è del 4,3% e il dislivello più o meno analogo (386 m) ma spalmato in quasi 9 km anziché in 5. Niente rampe impossibili o lunghi tratti duri, tuttavia, sarebbe sbagliato prenderla sottogamba. Nel corso dell’arrampicata, infatti, si deve affrontare, comunque, qualche rasoiata e un passaggio al 13%, punta massima dell’ascesa. La scalata vera e propria, in realtà, è concentrata nei primi 4,8 km, fino al bivio per Cigno, dove si supera la maggior parte del dislivello e la pendenza media supera il 7%. Appena imboccata la provinciale 76, ci sono subito 500 m all’8%, poi la strada spiana per riprendere a salire con decisione dopo il km 1. Il secondo e il terzo sono i chilometri più impegnativi, con una pendenza media che sfiora il 9% e qualche strappo cattivo, fino al 13%. All’inizio del quarto, si resta ancora intorno all’8%, poi la pendenza crolla e, eccetto un breve tratto al 6,8% (km 4,5), si raggiunge in agilità il bivio per Cigno (da ignorare), a quota 734 m. Appena 4 i tornanti, concentrati fra il km 1,5 e il km 3, per il resto la strada, con asfalto rugoso e poco scorrevole, si inerpica tortuosa lungo il versante sud del monte Faggia, in ambiente selvaggio e quasi disabitato: quasi nulle le abitazioni, mentre si incontrano boschetti, pascoli e qualche campo coltivato. Il panorama, inizialmente chiuso, si apre man mano che si sale e, nella seconda parte, è grandioso. Dopo il bivio, infatti, si tiene la sinistra e si affronta un tratto di crinale di quasi 4 km con la vista che può spaziare dal crinale appenninico tosco-romagnolo, coi monti Falco e Falterona, alla pianura romagnola, sin quasi al mare. La maestosità dello scenario, però, non deve far distrarre dalla strada, che propone una serie di sali e scendi repentini, con strappi brevi ma spesso micidiali. Si arriva così ai 771 m del valico della Faggia, da dove ci si tuffa nella vertiginosa discesa verso Civitella, 7,2 km da affrontare coi freni tirati, viste le pendenze quasi totalmente in doppia cifra. Raggiunta la valle del Bidente, si gira a destra nella Bidentina (Strada provinciale 4) e in 7,2 km, per lo più in discesa con qualche tratto in contropendenza, si arriva a Cusercoli. Arroccato su uno sperone di roccia calcarea che sbarra la valle, costringendo il fiume Bidente a deviare dal suo corso principale, il borgo sorge ai piedi del castello, sorto in età medioevale (XII sec.) e all’imponente chiesa di S. Bonifacio. Vi si accedeva da due porte di cui una, quella a sud-est, è ancora perfettamente conservata.

A Giaggiolo è durissima

La leggenda fa discendere la particolare collocazione dello sperone roccioso all’opera di Ercole, da cui il toponimo “Clusum Erculis” (chiusa di Ercole) e, di conseguenza, l’odierno Cusercoli. Erculea è anche la fatica necessaria per raggiungere Giaggiolo. A dispetto dello sviluppo chilometrico contenuto (6 km), infatti, bisogna fare i conti con pendenze da capogiro, fino al 17%. L’arrampicata si divide in due tronconi, separati da un tratto in discesa. Superato l’abitato di Cusercoli, si svolta a destra nella Strada provinciale 68 e si inizia a salire subito con decisione, fortunatamente su un ottimo fondo stradale. Il primo segmento, infatti, consta di 1.700 m con dislivello di 193 m e una pendenza dell’11%, caratterizzata da picchi al 13%. Dopo qualche curva iniziale, lo spauracchio è rappresentato da un lungo drittone all’11-13,6% che termina a quota 305, dove si scollina per scendere verso Voltre, lungo un toboga di 1,3 km. Attraversato il piccolo centro abitato, si supera il ponte sul torrente omonimo e inizia un piccolo Mortirolo di 2,5 km. Di qui alla cima, infatti, bisogna superare un dislivello di 287 m, non a caso la pendenza media si attesta all’11,7% con un tratto iniziale addirittura al 17%. La scalata, completamente allo scoperto, col bastione del castello che incombe dall’alto, è scandita da diversi tornanti, tuttavia, la strada, piuttosto rovinata, è così ripida che risultano di scarso aiuto. Per raggiungere il rudere della rocca (494 m), al bivio con la Strada provinciale 102 si prende a sinistra e in 500 m all’8,4% si giunge, infine, a Gaggiolo. Dell’antica rocca, documentata fin dal 1021, resta un ammasso di rovine a forma di bastione ottagonale, a guardia di un paio di case e di una chiesetta.

Ultime fatiche a Pieve di Rivoschio

Scattata qualche foto, si gira la bicicletta e si torna verso il bivio, proseguendo lungo la Strada provinciale 68 in direzione Pieve di Rivoschio. Si tratta di 5 km su un brullo e riarso crinale, segnato da profondi calanchi, con discese ardite e altrettanto ripide risalite. Particolarmente impegnativa è l’ultima, una lunga rampa al 20% che conduce alle porte di Pieve di Rivoschio. All’uscita del piccolo borgo, si transita davanti al Parco della Pace e della Resistenza, spazio pubblico costruito a memento degli orrori della Seconda Guerra Mondiale, che su questi colli, attraversati dalla Linea Gotica, fu particolarmente feroce, con scontri fra partigiani e truppe nazifasciste, e frequenti rappresaglie sulla popolazione civile. Nella parte sinistra, non a caso, una lapide ricorda le vittime dei rastrellamenti del 20 e 21 agosto 1944, mentre nell’ex scuola, sopra il centro storico, è stata allestita la mostra “La Linea Gotica”. Ormai, la meta è vicina. Da Pieve di Rivoschio, infatti, in poco meno di 5 km di discesa bella tosta, la stessa affrontata dalla gran fondo Nove Colli, si raggiunge San Romano Bassa, nel fondovalle del Borello, si svolta a sinistra nella Strada provinciale 29 e, in una ventina di km, si rientra a Cesena, attraverso Piavola, Borello, San Carlo e San Vittore.

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