Un Dante Alighieri pop al Mar di Ravenna

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Dante. Gli occhi e la mente. Un’epopea pop: con questo titolo si inaugura oggi pomeriggio, dalle 18 nelle sale del Mar, il terzo appuntamento espositivo dedicato a Dante nel settimo centenario della morte. Una mostra, curata da Giuseppe Antonelli, che getta uno sguardo nuovo sull’eredità dantesca e sull’arte ispirata al poeta.

Maurizio Tarantino, direttore del Mar: cosa caratterizza questa mostra?

«Paradossalmente questa, che è una mostra che guarda a un pubblico generalista, ha richiesto un rigore e una cura scientifici e filologici di altissimo livello. Poi questa è una mostra dove, accanto a oggetti pop, ci sono anche materiali che rappresentano la fortuna popolare di Dante ma che sono tutt’altro che pop; abbiamo avuto prestiti importanti: manoscritti dalla Biblioteca Vaticana, dalla Biblioteca Marciana, dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, dalla Laurenziana. Partiamo ad esempio dalla lettera originale di Petrarca a Boccaccio, in cui Petrarca si lamenta e dice “io non vorrei mai essere come Dante, non scriverò mai più in volgare perché non voglio che i miei versi vengano sputacchiati dalle bocche del popolo”».

A quale esigenza risponde?

«Questa mostra risponde a un’esigenza che in tutto quest’anno e anche in passato non è mai stata soddisfatta: tutti quanti sappiamo che Dante è popolare, però una mostra che fosse anche uno studio approfondito di tutti gli aspetti della popolarità di Dante, dal Trecento a oggi, una specie di enciclopedia della popolarità di Dante, studiata in tutti i suoi aspetti – quello linguistico, quello dell’immagine, quello della memoria – è qualcosa che non era stato ancora fatto e risponde anche a un’esigenza un po’ di tutti noi: perché si è parlato tanto di Dante? Perché Dante è diventato un’icona popolare. E questo si fa presto a dirlo ma a dimostrarlo ci vuole un po’ di più: chi esce da questa mostra capirà perché Dante è diventato un’icona».

Al percorso espositivo si intreccia una esplorazione parallela nell’arte contemporanea ispirata dal lascito dantesco, a cura di Giorgia Salerno: come ha costruito questo percorso?

«Il progetto nasce con l’intenzione di intrecciarsi alla tematica principale della narrazione su Dante e la sua popolarità. Nella tradizione pittorica sono tantissimi gli artisti che si sono cimentati nell’illustrare le Cantiche dantesche e l’hanno fatto sempre in maniera abbastanza tradizionale e alle volte anche didascalica. Qui invece l’intenzione era di fare una cosa nuova, cioè di sperimentare un nuovo tipo di lettura stando al passo anche con l’idea del Dante pop: oggi cosa è Dante per noi, a Ravenna ma in generale per l’Italia e per l’arte contemporanea? La lettura cambia e permette di entrare nella Commedia, attraverso lo sguardo del curatore, che attribuisce un ruolo alle opere per spiegare Dante e far capire così come anche l’arte contemporanea, che molte volte è criptica e chiusa in se stessa, possa invece essere utile per raccontare oggi un capolavoro come la Commedia. L’intenzione qui è di dare una suggestione, è un rimando concettuale, che però risponde bene a quello che è l’arte contemporanea oggi».

Qualche esempio, fra le opere in mostra?

«Ad esempio, per il tema delle anime, ho voluto inserire il Castello degli spiriti magni (“Sacral” di Edoardo Tresoldi), che mi sembrava un luogo incredibile raccontato da Dante. Mi ha colpito che ci fossero anche delle donne in questo luogo culturalmente elevato ma all’inferno. Luogo legato non tanto a un peccato ma a una pena, a una sofferenza. E rileggere quella figura attraverso una architettura dava la possibilità di avere una concretezza e di fare vivere un’esperienza fisica. Da qui è nata l’idea dell’architettura e del piccolo tempio. E poi la mostra si chiude con l’ultimo tema, quello della luce, che è quello che accompagna Dante in tutta la Commedia: e la ricerca della luce, questa esperienza catartica che fa fino alla fine, è accompagnata sempre dalla figura delle stelle. Quindi la mostra non poteva che chiudersi con Gilberto Zorio e la sua “Stella acidi”, un’opera della nostra collezione e un pezzo importantissimo che mi piacerebbe anche ricollocare nella collezione permanente del museo. Ha un meccanismo che Zorio definisce “alchemico”, perché questa sovrapposizione dei metalli e delle sostanze chimiche crea una vita, crea dei cristalli che camminano lungo i tubi. Ed è un po’ quello che succede con Dante: il meccanismo della ciclicità della vita, che gioca un ruolo fondamentale nella Commedia ed è sempre mosso dalle stelle».

Dante anima anche la Galleria della Molinella

Sono ispirati alla figura di Dante gli eventi proposti alla Galleria della Molinella di Faenza , oltre alle mostre visitabili fino a domenica 26 settembre “Fatti non foste a viver da seduti” e “Organismi dal settimo cerchio, secondo girone: i violenti verso se stessi” del pittore Filippo Maestroni. Domani alle 18.30 le ballerine della compagnia di Castel Bolognese Agorà Danza si esibiranno nella performance “Amor tenendo meo core in mano”, liberamente ispirato alla Vita Nuova di Alighieri. Domenica 26 settembre, dalle 16 alle 20, sarà l’ultima occasione per visionare le opere esposte all’interno della galleria: si potrà anche prendere parte alle visite guidate. Le sedie scolastiche esposte sono state salvate dal macero e rese delle vere e proprie “tele” su cui hanno espresso la propria creatività Luca Barberini, Dissenso Cognitivo, Caco3, Mauro Fragorzi, Duccio Maria Gambi, Daniela Iurato, Davide Salvemini e Agnese Scultz. Il progetto è a cura di Marco Montanari, Silvia Rossetti e Elena Sabattini. Richiesto il green pass.

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