Ucraina, oltre 400 i salvati con i pullman da Rimini

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Si chiama To The Border è una rete di solidarietà fondata da un gruppo di riminesi che si occupa di accompagnare i profughi ucraini dal confine con la Polonia fino alla Romagna, ma soprattutto a Rimini.

L’idea di noleggiare pullman per traghettare i profughi dall’inferno a una quasi normalità è nata da Andrea Mainetti ceo fondatore di PhotoSì e suo figlio.

Insieme a loro c’è anche Richard Romagnoli, bellariese, speaker di eventi motivazionali internazionali e autore di best seller. Che racconta: «Il nostro intento è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica verso un’iniziativa che, partita da Whatsapp, è diventata molto importante. Mainetti ha inviato alcuni messaggi sull’App per illustrare il progetto ed è riuscito a coinvolgere alcuni suoi contatti in una rete di solidarietà». Oltre 400 i profughi salvati finora in viaggi che costano 4mila euro ciascuna, sostenuti grazie al crowdfunding.

To the border

La prima volta hanno strappato all’orrore 15 donne, 5 bimbi e tanti amici a quattro zampe. Da allora non si sono più fermati e grazie al crowfunding giunto a quota 55mila euro, sono al loro tredicesimo viaggio. «Siamo sette amici sui 30 anni tutti di Rimini, tranne un veneziano – spiega Francesco Sacchi -. L’emergenza in Ucraina ci ha spinti a fondare l’associazione To the border». Che all’inizio poteva contare su tre pulmini, per consegnare beni di prima necessità e riportare indietro vite in pericolo. Ad affinare le soluzioni è bastata l’esperienza. «Ora invece noleggiamo pullman dalla Polonia – sottolinea – agendo su due versanti». Quello dei ricongiungimenti familiari «evidenziato disseminando le città di volantini in ucraino». E secondo, l’azione in sinergia con le istituzioni.

Le storie

Il bimbo che prima di salire dona alla sorellina tremante il suo orsacchiotto. Gli occhi dell’uomo a cui si consente la partenza in quanto padre di tre minorenni. L’odore della paura che si respira assieme alla dignità. La volontà di portarsi il bagaglio da soli, per non disturbare, anche se si trascina da giorni. Una donna e un’orfana che all’arrivo a Bellaria cantano davanti al mare mai visto prima. Ecco i ricordi che Romagnoli porterà con sé. «Mai sentito un silenzio così composto, neppure i piccini volevano gravare su di noi in viaggi lunghi più di 20 ore», nota evidenziando che il desiderio più forte è tornare a casa. «L’unione di puntini alla Steve Jobs porta cose belle, sono i profughi a rassicurare noi affidandosi al sostegno di Papa Giovanni XXIII, al Comune belligeano e all’assessore alla sanità Flaviana Grillo, in viaggio con noi».

Di nuovo Francesco: «Dalla prenotazione all’arrivo restiamo al loro fianco, finché ognuno non è nelle braccia dei parenti o al sicuro su un treno dopo il tampone». Intanto, inglobati in «un tavolo della Protezione civile», favoriscono l’integrazione, proponendo un concerto per nuovi fondi. La speranza è riaccompagnare tutti in patria, conclude, nella tappa finale siglata dalla pace, «ricostruendo una scuola con il sostegno di tutti».

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