Trieste, il grande faro che stupiva i marinai

Fin dall’antichità il remo, la vela, e da oltre un secolo l’elica, sono oggetti iconici della relazione dell’uomo con il mare. Ma quando la prospettiva s’inverte e si vuole rappresentare, attraverso le arti figurative o quelle narrative, il rapporto tra la terra e il marinaio allora i simboli diventano l’ancora e il faro. Faro parola mediterranea per eccellenza, perché con leggere variazioni si dice anche in greco, spagnolo e francese. Per gli anglosassoni è semplicemente lighthouse. Faro edificio mediterraneo per eccellenza, perché deriva dal primo, mitico costruito sull’isola di Faro di fronte ad Alessandria d’Egitto nel III° secolo a.C.

Visibile a 23 miglia

Agli antipodi, nell’estremo nord adriatico, il 24 maggio 1927 il Re d’Italia accende il Faro della Vittoria di Trieste. Notevole l’altezza della luce: 116 metri sul livello del mare, di cui 68 della torre. La portata nominale, come dicono i marinai, è quasi 23 miglia. Cioè in condizioni ottimali la sua luce è visibile da quaranta chilometri di distanza, praticamente ben oltre il Golfo di Trieste. Una meraviglia che stupiva i nostri nonni imbarcati sui trabaccoli, stracarichi di legname, pietre, angurie e mercanzie d’ogni tipo, che facevano la spola tra i porti romagnoli e Trieste tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Una meraviglia che si rinnova ancora oggi tutte le volte che doppiamo capo Salvore in Istria, facendo vela sulla città giuliana, che una volta all’anno diventa la capitale europea della vela, in occasione della Barcolana.

La regata più affollata al mondo

Non a caso il Faro della Vittoria e il Castello di Miramare, sono i due monumenti che campeggiano sulla foto scelta dal Guinness World Records per certificare anche visivamente la più affollata regata del mondo. Faro e Castello che anche noi cerchiamo di fotografare, magari sulla linea di partenza in attesa che si alzi una brezza o andando a passeggiare a Barcola sperando che si plachi la Bora, come l’anno scorso. Perché il campo di regata triestino è complicato anche per questi improvvisi mutamenti meteorologici. Così come mutevole è stata la storia del Faro della Vittoria, immaginato come un monumento patriottico e diventato “fascistissimo”, per trasformarsi una terza volta in simbolo della più festosa e internazionale delle regate italiane. Un faro immaginato e progettato innanzitutto come un monumento celebrativo alla vittoria della Grande Guerra, ai marinai caduti e alla riunificazione di Trieste all’Italia. L’idea originaria del faro è dell’architetto Arduino Berlam che lo aveva pensato in onore di Nazario Sauro, a Punta Salvore, che attualmente segna il confine tra Slovenia e Croazia, a trenta chilometri da Trieste. Poi, su proposta della Lega Navale, si propende per il Colle di Gretta, a quattro chilometri dal molo Audace, oggi la più bella piazza acquatica del Mediterraneo. Venne costruito sulle preesistenti strutture del Forte Kressich, realizzato dagli austoungarici alla metà dell’Ottocento. La struttura è in cemento armato ed è rivestita in bianca pietra d’Istria, mentre la base è ricoperta della grigia pietra del Carso. Un faro-colonna che rivisita l’ordine ionico, per scelte architettoniche e proporzioni. Forme classiche a simboleggiare le ambizioni italiane sul Mediterraneo. La sovrastante lanterna è un cilindrico, con struttura interna in bronzo, a cui sono fissati 48 cristalli, oltre ai 5 della porta. Il cuore luminoso è una piccola lampadina da 1000 W, potenziata dall’ottica rotante di cristalli su supporto metallico, che non è fissato ma galleggiante, su un bagno di mercurio, al fine di garantire la perfetta posizione. La lanterna è coperta da una cupola in rame decorata a scaglie, su cui svetta la statua della Vittoria Alata. Alta quasi sette metri, è capace di resistere alle frequenti e violentissime scorribande della Bora, la regina incontrastata del Golfo. Trieste città dei due fari, perché altrettanto imponente è la vecchia Lanterna spenta nel 1969. Trieste capitale adriatica su cui mettere la prua, almeno una volta all’anno per scoprirne e riscoprirne il fascino cosmopolita. L'articolo anticipa la puntata, scritta e interpretata dallo scrittore riminese Fabio Fiori, dedicata al Faro della Vittoria di Trieste e a una breve storia dei fari. Andrà in onda domani lunedì 24 maggio 2021, dalle 14:00 alle 14:30 a Wikiradio su RAI Radio 3, riascoltabile in podcast sul sito www.raiplayradio.it. Wikiradio è un programma radiofonico quotidiano che, a partire da una data, racconta artisti e scienziati, politici ed economisti, accadimenti e luoghi, architetture e opere. Un almanacco utile a orientarsi nella storia passata e recente. Da qualche anno l'attenzione è posta anche alle storie di mare, con puntate in cui si sono raccontate le gesta di grandi navigatori come Bernard Moitessier e Joshua Slocum, ma anche di intellettuali che hanno esplorato, studiato e raccontato in modo diverso questo ambiente come Jacques-Yves Cousteau, Predrag Matevejevic o recentemente Vitaliano Donati, un pioniere della biologia marina che ha descritto l'Adriatico. Anche queste puntate sono riascoltabili in podcast.

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