Travolti da un’insolita Marea nell’azzurro festival di luglio

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SANTARCANGELO 2050: I DIRETTORI ARTISTICI ENRICO CASAGRANDE E DANIELA NICOLO' CI SVELANO IN ANTEPRIMA LE NOVITA' DEL 50ESIMO FESTIVAL

SANTARCANGELO. «Sarà un appuntamento collettivo che si radica nei 50 anni trascorsi per scagliarsi in avanti, con doppio salto carpiato».
I Motus, alla guida del 50° Santarcangelo festival, in scena dal 9 al 19 luglio, sono proiettati nel futuro ma non senza guardarsi indietro. I direttori artistici Enrico Casagrande e Daniela Nicolò non tradiscono la loro cifra poetico-stilistica, che è da sempre quella di guardare avanti e intercettare anzitempo ciò che verrà, anche rapportandosi ai maestri, e in questo caso alla storia. Così il progetto per l’edizione numero 50 assume i connotati di un viaggio futuristico nelle galassie teatrali performative, portando sulle spalle la forza, il carattere, le peculiarità del pianeta festival.

Santarcangelo si appresta così a diventare un set vivo, dove andrà in scena una reale mescolanza tra cittadini, visitatori, artisti. E tutti fin d’ora possono esserne parte. Non a caso i Motus hanno voluto un primo incontro con associazioni e cittadini, e altri ne prevedono; c’è anche un apposito indirizzo di posta elettronica, marea@santarcangelofestival.com, a cui chi è interessato può scrivere, proporsi o chiedere informazioni. Prende il nome dalla sezione che hanno appunto intitolato Marea, a parafrasare l’inondazione della città con le arti sceniche e performative, la musica, il cinema, la danza, tornando così in qualche modo alle radici, a quei festival ormai lontani dove il teatro non andava cercato ma lo si ritrovava innanzi e vi si prendeva parte.
Incontri pubblici e chiamate
Ecco perché il percorso di avvicinamento è costellato di incontri pubblici e di chiamate, la prima è partita qualche giorno fa. Intento dei Motus, come i due direttori ci hanno anticipato, è mettere in campo invasioni, recuperando non solo piazza Ganganelli ma anche altre piazze in centro storico e pure alcune strade, perché «Marea sarà un festival nel festival, un investimento anche in campo turistico-culturale».
Un orto-giardino
E la sfida della piazza grande sarà ancora più incisiva perché si trasformerà in un orto-giardino non solo con palcoscenici, schermi per il cinema, pedane per la danza, ma anche spazi di ombra e di svago, per 10 giorni luogo di sosta e di dialogo con la natura, anche in omaggio a chi tanto lo aveva caldeggiato quando era in vita e di cui oggi si celebrano i 100 anni: il poeta Tonino Guerra.
Enrico, lei ha già diretto il 40° festival e ora insieme a Daniela siete stati chiamati a dirigere l’edizione numero 50. Come festeggiare questa ricorrenza?
«Abbiamo anche festeggiato i 25 anni di Motus. Si può dire che sentiamo – e non solo noi – l’attrattiva della combinazione numerica, quella dei numeri 5, 50, 2020, per questo abbiamo ideato il logo 2050. Quello di Santarcangelo è il festival più longevo, qui si è creata un’alchimia unica».
Daniela, quindi l’edizione 2020 sarà del tutto speciale?
«Va sottolineato che questo festival è un punto di riferimento in Italia e all’estero, è un esempio di resilienza, parola che bene si addice alla sua storia. Quindi è bene celebrare ma, precisiamo, bisogna anche riflettere. Deve essere un’occasione di rilancio, intendiamo guardare al futuro, per questo abbiamo giocato fra il 2020 e il 50 e un po’ provocatoriamente è nato il numero 2050. Facciamo tesoro di ciò che è stato, ma di fronte all’oggi e ai cambiamenti domandiamoci come continuare».
Come definireste questo vostro nuovo impegno?
«Proviamo a immaginare un appuntamento collettivo che si radica nei 50 anni trascorsi per scagliarsi in avanti, con doppio salto carpiato. Pensiamo al cinquantennale di Santarcangelo, il festival del nostro cuore, come atto unico, gesto scenico che prova ad aprire nuove porte immaginative. Un far-out festival. E far-out inteso proprio come l’espressione slang americana, un po’ desueta, che significa eccentrico, strano, bizzarro… fuori misura. Siamo molto felici di iniziare questo viaggio spaziale».
Quali caratteristiche avrà?
«Sarà un’edizione special-specifica incentrata sulla reciproca impollinazione fra cinema, teatro, musica, letteratura e… antropologia, perché proprio il 2020 è l’anno che più di ogni altro è stato oggetto di propizie e nefaste visioni fantascientifiche».
Il progetto di fatto strizza l’occhio al passato anche se guarda più al futuro.
«Ci siamo molto interrogati sui 50 anni passati. Per noi la sfida più grande è fare tesoro di una lunga storia: crediamo serva che il fuoco rimanga sempre caldo, per le nuove generazioni. Vediamo Santarcangelo come uno straordinario contenitore di spore che devono aprirsi e servire al suo rilancio».
Tradotto in uno schema progettuale che cosa significa?
«Siamo concentrati su cosa sta accadendo in Europa e nel mondo, e su cosa significhi il teatro nel 2020. Come il teatro rimane una forma d’arte resistente nonostante i cambiamenti, legati ad esempio all’evoluzione del linguaggio, alle nuove tecnologie, ai media… Queste domande sono quindi anche una parte fondante delle proposte all’interno del festival».
A proposito della storia, parlate di una scia che serve a fare il punto sull’oggi tenendo fermo l’aspetto dell’internazionalità.
«Sì, è così, ci guardiamo intorno partendo da constatazioni e domande. È cambiato il festival, così come il ruolo degli artisti, e diversa è oggi la libertà di creare rispetto ai decenni passati; oggi siamo vincolati da un’infinità di regole e vincoli da rispettare, basti solo pensare alla sicurezza. È un bene, un male? Non lo sappiamo, sono domande che speriamo emergano, interrogativi che poniamo a noi, agli altri artisti e al pubblico, non ci sono formule o soluzioni. Che poi è lo stesso atteggiamento che ci poniamo nell’impostare il nostro lavoro artistico come compagnia e che ora trasferiamo nella costruzione del festival».
Entriamo nella programmazione. Accanto alle proposte artistiche, ci saranno momenti diversi?
«Il festival, che si terrà dal 9 al 19 luglio, avrà una sorta di anteprima dedicata al racconto, con la presentazione delle ricerche storiche sfociate in un docufilm, realizzato da Mammut Film, e in un libro curato da Roberta Ferraresi. E ci sarà un grosso incontro sullo stato delle cose, un momento di riflessione sul teatro oggi. Poi ce ne sarà un secondo in chiusura, un simposio di due giorni dal carattere orientativo, con uno sguardo al futuro: si porrà attenzione su come il performer può formarsi oggi in Italia e all’estero, su cosa significa scuola di teatro».
Nell’immaginare questo 50° festival, da cosa siete partiti?
«L’abbiamo pensato come opera corale fatta da tante e tanti, che si diffonde in tutte le pieghe della città, coinvolgendo abitanti e spazi pubblici, senza interruzione fra dentro e fuori, recuperando lo spirito libertario delle edizioni delle origini, nelle piazze».
Come intendete entrare in relazione con la comunità cittadina?
«Come anticipato negli incontri pubblici, che continueranno e saranno ricorrenti, uno dei primi punti su cui ci siamo basati è la comunità e il suo coinvolgimento. È una priorità che si siamo dati perché riteniamo che creare il contesto sia anche più importante della programmazione, per fare entrare tutti dalla porta principale. Ciò si traduce nel far sentire che il festival è di tutti e per tutti, e non tocca solo le corde degli addetti ai lavori».
Quindi il vostro sarà un festival per tutti?
«Sarà per tutti, per le diverse fasce d’età, per i diversi pubblici, per gli abitanti, parlerà linguaggi immediati, comprensibili. È una sfida che crediamo possibile».
Come si colloca questo progetto rispetto alla programmazione?
«Questo progetto speciale si intitola Marea e con esso il paese si vivifica con varie forme d’arte. È pienamente inserito e in sintonia con il programma; si svolgerà in luoghi aperti e gratuiti come piazza Ganganelli, piazza Galassi e tanti altri spazi che stiamo cercando insieme ai cittadini».
Anche gli spazi della programmazione ufficiale saranno diversi dal solito?
«Ci stiamo ragionando ma non è facile. Per gli spettacoli a pagamento saranno riconfermati i luoghi classici come il rinnovato teatro Lavatoio, l’Itc, le scuole, e altri spazi noti tra cui Inbosco dove la programmazione verrà cambiata. Qui abbiamo previsto un’inaugurazione a sorpresa».
Quante le compagnie presenti?
«Oltre 45 compagnie, senza contare quelle impegnate in Marea. Ci saranno moltissimi debutti, altrettanti progetti site-specific, eventi unici che nascono qui, tanti artisti di nuova generazione, diverse realtà dall’estero per la prima volta in Italia. Tra gli artisti che arriveranno per la prima volta ci sarà Lia Rodriguez che lavora con un gruppo di ragazze e ragazzi della favela Maré di Rio de Janeiro e la sua proposta rientra nel focus sul Brasile».
Quindi un festival rinnovato.
«Possiamo dire che ci sarà un cambiamento quasi totale sotto l’aspetto degli artisti presenti, per noi è importante. E a 10 giovani sarà dato uno spazio per mostrare i loro lavori ed entrare in dialogo formativo».
E le compagnie storiche?
«Se per storiche si intendono realtà nate negli ultimi decenni certo, alcune saranno presenti. E tra queste Paola Bianchi che ritorna al festival dopo molti anni, Mara Cassiani con un lavoro che rientra del progetto quadriennale europeo Be part di cui Santarcangelo è capofila di 10 partner. Torneranno anche gli Zapruder con un progetto all’aperto rivolto alla città».
Parliamo di contenuti: quali temi saranno affrontati? E l’attualità in quali aspetti verrà letta?
«Il tema principale sarà quello ambientale: la crisi planetaria, i cambiamenti climatici attraverso gli sguardi di filosofi e antropologi. Anche per questo ci sarà un focus sul Brasile e su quei popoli che hanno uno speciale rapporto con la natura da cui scaturiscono linguaggi artistici alternativi. Un altro tema – per altro collegato al precedente – sarà quello delle migrazioni e un altro ancora quello delle nuove tecnologie e del rapporto col digitale, per nulla secondario anche nel mondo dell’arte. Vi sono opere che riflettono sull’uso delle tecnologie non per esibirle ma per mostrarne l’integrazione».
Prevedete qualche forma di decentramento?
«Sì, ci saranno eventi a Villa Torlonia di San Mauro Pascoli e al teatro Galli di Rimini, spazio ideale per le ricorrenze dei 100 anni di Fellini e Guerra. Qui si colloca anche il debutto dello spettacolo di Daria Deflorian e Antonio Taglierini su Ginger e Fred, film che vede uniti i due maestri romagnoli».
Parliamo della piazza grande.
«La piazza subirà una trasformazione diventando un orto urbano, una macchia di verde, in omaggio a Tonino Guerra a cui sarà dedicato un progetto ad hoc. E in questa piazza accogliente ci saranno sempre spettacoli, musica, cinema, una pista da ballo per far esprimere tutti con le varie forme di danza. Ciò che qui accadrà s’insinuerà nei luoghi come una marea, e ciò sarà evidenziato da una segnaletica specifica».
Molti artisti arriveranno già mesi prima per dare il via ai progetti partecipativi.
«Certo, alcuni già da aprile. Attendiamo disponibilità dai cittadini per prendere parte agli eventi, proporre spazi, mettere a disposizione stanze per l’ospitalità, insomma chiediamo a tutti di partecipare al festival. La prima chiamata dal titolo Symposium è già partita ed è aperta a chiunque intenda condividere presentazioni, studi, pratiche di lavoro o proporre temi per sessioni di lavoro in gruppo. Rientra nel progetto europeo A school with a view che ospiterà spettacoli e studenti da importanti istituzioni formative europee e vedrà l’inaugurazione di una Summer school per l’intera durata del festival».
Cosa faranno queste scuole?
«Ogni scuola, oltre a presentare due performance dei propri allievi, inviterà al festival 6 studentesse e studenti che parteciperanno a una serie di workshop e incontri con artisti presenti nella programmazione ufficiale. Nell’immaginarla come un’edizione che si pone soprattutto domande sugli orizzonti, vorremmo che Santarcangelo 2050 fosse un’occasione irrinunciabile per aprire un’ampia finestra sull’argomento».
Questo progetto “A school with a view” è una novità assoluta.
«È unico nel suo genere in Italia e in Europa. Riguarderà sette esperienze d’eccellenza italiane ed europee tra cui l’Haute École La Manufacture di Losanna, Das Theatre di Amsterdam, Kask di Gand e Prague Performing Arts Academy. E culminerà nel simposio internazionale di due giornate dal titolo “Performative schools: temporary structures / permanent unknowns – exchange of practices symposium” curato da Silvia Bottiroli, Frederik Le Roy e Sodja Lotker, che riunirà su questi temi scuole istituzionali e scuole temporanee per favorire lo scambio di pratiche e strategie. Direttori e curatori metteranno in condivisione ricerche e orientamenti sulla formazione artistica».

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