Tra pandemia e progetti Rocco Papaleo si racconta. Oggi a Cesena

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Ultima recita oggi alle 15.30, al Bonci di Cesena, per “Peachum. Un’opera da tre soldi”, testo che il drammaturgo Fausto Paravidino ha scritto a partire dall’“Opera da tre soldi” di Brecht, in modo originale. L’autore, pure regista e protagonista in scena, ha coinvolto per due ore il pubblico mettendo al centro un’umanità (la nostra) terribile e divertente, fra naziskin, personaggi mascherati, sagome da fumetto, stile pulp, musica dal vivo, per raccontare una storia dove gli estremi come violenza e amore rappresentano un modo di essere, dettati dal dio denaro al centro della vita. Ad applicare questo verbo imperante c’è, nel ruolo principale di Peachum, Rocco Papaleo, interprete a suo agio nel coeso gruppo di Paravidino.

Come si è trovato, Rocco, in questa drammaturgia che si distacca un po’ dai suoi spettacoli?

«Non posso negare di avere faticato, inizialmente, a entrare nello stile e nella visione che Paravidino ha del teatro. Dallo spaesamento iniziale però le cose sono migliorate e mi sembra di avere centrato il lavoro. Aggiungo che, sebbene questa esperienza sia un po’ diversa dalle mie precedenti, appartiene alla mia indole, che è di passare da una cosa a un’altra lasciandomi anche guidare dal caso, senza troppo programmare. Del resto tutte le cose sono complementari ed è un arricchimento curiosare in altri mondi».

Cosa ha preferito di questo Peachum?

«Mi piace l’idea di uno spettacolo in bilico tra la commedia e il dramma. Mi sembra sia nello stile di Fausto Paravidino muoversi sul crinale, alternando momenti quasi farseschi ad altri estremamente drammatici. Lui è per me uno dei più grandi scrittori contemporanei di teatro, un maestro».

Oltre alla popolarità, lei sembra accompagnato da una scia di simpatia, è così?

«Non spetta a me dirlo, però credo sia sempre accaduto nella mia vita, la simpatia è fra le mie caratteristiche e mi è stata utile, non solo all’inizio, anche adesso. Ho la percezione di non essere un attore “problematico”, e anche questo può forse aiutare nel lavoro, sebbene l’opera di un artista vale per ciò che ha prodotto».

Questo suo carattere l’ha aiutata nei mesi neri di chiusura?

«Ho vissuto quel periodo con l’anima divisa in due; da un lato la sofferenza oggettiva, anche pensando alla mia categoria. Io stesso ho un gruppo di lavoro di musicisti e tecnici. La musica è stata la cifra principale del mio lavoro. Abbiamo sospeso la tournée, una cinquantina di date, un problema per tutti».

Cosa le ha dato conforto?

«Nel mio privato, da uomo adulto, per non dire tendente alla vecchiaia essendo nel terzo terzo della mia vita, ho riflettuto e messo a fuoco cosa desideravo. E ho scritto un film, “Scordato”, la storia di un accordatore di pianoforte, per il quale ho chiamato la cantante Giorgia a recitare. Dallo spunto dell’armonia racconto una discrepanza fra mestiere e condizione. È il mio quarto film, il mio migliore, il più consapevole. L’abbiamo girato l’estate scorsa; il 25 terminiamo la tournée, torno a Roma e ultimo la post produzione. Poi ci confronteremo con i distributori per capire quando e dove farlo uscire».

La visione del cinema nelle sale fatica a riprendersi.

«Io però confido nell’idea del cinema nella sala, la condivisione è importante come l’afflato comune. E poi vedere un film nelle sale di oggi, tecnicamente avanzate, coinvolge anche i sensi oltre all’anima. A maggiore ragione il mio film, che spalanca qua e là panorami belli e suggestivi della mia terra (la Basilicata, ndr)».

Fa dunque anche promozione turistica con il suo film?

«L’ho sempre fatta, a volte penso di fare più l’agente turistico che l’attore».

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