Tifare il Cesena e tifare Cesena sono la stessa cosa

Si sono viste centinaia di maglie del Cesena sporche di fango a spalare. Migliaia di giovani con richiami al Cavalluccio per le strade della città, con un sorriso che ha spiazzato noi rancorosi di mezza età, costretti ad ammettere che i ragazzi sono migliori di noi, basterebbe lasciarli fare. Sciarpe del Cesena appese alle finestre, striscioni di incoraggiamento al Cesena che poi sono incoraggiamento a Cesena, tanto è la stessa cosa. Prendiamo la palla al balzo dopo un fine settimana in cui un po' tutti abbiamo preso la pala al balzo. Che cosa sta succedendo qui?

Sta succedendo che nel primo tempo della partita le abbiamo prese, ma ora si sta provando a vincere in contropiede, come sempre. Si dice che la cultura sia quello che rimane dopo che si è dimenticato quello che hai imparato a scuola. Un po’ come un setaccio: spariscono certi ricordi oscuri tra i banchi (gli assiro-babilonesi, con chi confina il Borneo, il trapassato remoto) e resta solo quello che appassiona. Nel setaccio di Cesena è rimasta la cultura di volere bene alla Romagna anche nel nome di una squadra di calcio. La scintilla la ricordano tutti, è nata all’inizio degli anni 70, con quella pazza idea del Conte Rognoni del Cesena in A. Sembrava un’altra zingarata del Conte, come la ricetta della pizza alla Coca-Cola che si era inventato innaffiando il piatto di una signora al suo fianco, invece no, era tutto vero. Il primo Cesena in A trasformò la squadra di una città nella squadra di un territorio, con una galleria di immortali che si chiamano Cera, Ceccarelli, Schachner, Piraccini, Hubner, Agostini, Jimenez eccetera eccetera.


Il resto lo ha fatto lo stadio. Fu il primo stadio interamente coperto in Italia, precursore di una esigenza oggi irrinunciabile. Il calcio a Cesena ha il potere di diventare qualcosa di speciale nelle partite che contano, la gente a Cesena ha il potere di diventare qualcosa di speciale nei giorni che contano, tipo questi. Lo stadio in certe sere di certe partite non è facile da spiegare, entri in una specie di ipnosi dove vedi una partita che giocano altri diecimila. Il Manuzzi e Cesena sono la stessa cosa, tifare e spalare fango sono la stessa cosa e ti senti come alla fine di “Hotel California” degli Eagles. Avete presente? È una canzone con un finale che sembra scritto per Cesena e il suo stadio: «Ne potrai anche uscire quando vuoi, ma non potrai mai andartene davvero».

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