Terzina di Dante su Cesena: lapide restaurata dopo un secolo

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“E quella cu’ il Savio bagna il fianco, così com’ella sie’ tra ’l piano e ’l monte, tra tirannia si vive e stato franco”. La famosa terzina dantesca riferita a Cesena, contenuta nel canto XXVII dell’Inferno, campeggia da un secolo esatto in piazza del Popolo, su una lapide attaccata al muro tra Palazzo Albornoz e la cinta muraria del parco della rocca. Ora, in occasione del 700° anniversario della morte del sommo poeta, ha affidato a una professionista cesenate il compito di restaurarla. La scelta è caduta sullo studio “Maria Letizia Antoniacci” di via Mulini, dietro compenso di 800 euro. Chi è passato ieri in piazza ha potuto ammirare la restauratrice all’opera. Non passava inosservata, visto che per raggiungere la lapide si è dovuta montare una “torretta” piuttosto vistosa. Un dettaglio poco noto è che la decisione di esporre lì i versi di Dante Alighieri dedicati a Cesena fu presa dal consiglio provinciale, che nel 1921 votò una delibera in merito, in concomitanza col sesto centenario dalla morte dell’autore della Divina Commedia. È nella bolgia dei consiglieri fraudolenti, avvolti da lingue di fuoco, che Dante, senza farne esplicitamente il nome, descrive Cesena con le parole di quella celebre terzina. Lo fa in una sorta di “ricognizione” della situazione della Romagna nel momento in cui si avvicina a Guido di Montefeltro. Nell’anno in cui Dante ambienta la sua discesa agli inferi, Cesena era governata dal ghibellino Galasso da Montefeltro, cugino di Guido.

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