Teresa Franchini, che attrice! Nel 2022 i 50 anni dalla scomparsa

Spettacoli

Il nome di Teresa Franchini torna a brillare come uno dei più illustri della ricca scena artistica santarcangiolese. Merito della recente importante donazione alla Biblioteca Comunale Baldini da parte dell’imprenditore Manlio Maggioli di un significativo e corposo carteggio, reperito sul mercato antiquario, composto di lettere scritte e ricevute dalla celebre attrice (1877- 1972), che fu grande grande protagonista sulla scena teatrale e cinematografica, oltre che apprezzatissima insegnante di recitazione.

Il carteggio (1930-1931), che andrà ad arricchire il fondo a lei dedicato già presente alla Baldini, e sarà a disposizione di studenti e ricercatori, è composto da 30 lettere autografe e due telegrammi, una lettera a lei indirizzata da Oscar Andriani e 23 minute di risposta dattiloscritte in copia spedite all’attrice dallo scrittore Odoardo Campa. L’epistolario documenta un momento importante del panorama letterario e teatrale italiano e si citano personaggi quali Rosso di San Secondo, Sem Benelli, Grazia Deledda, Sibilla Aleramo, Curzio Malaparte, Luigi Pirandello («Sa chi ci potrebbe aiutare invece di sicuro? Pirandello che ci ha del nuovissimo!»), attrici e attori come Irma Gramatica, Giulio Donadio, Maria Letizia Celli, la Compagnia Salvini, la Società degli Amici del Teatro dell’Arte. È la testimonianza di una schietta passione intellettuale e di quella che, su “Tuttosantarcangelo” del dicembre 1967, Augusto Campana definì «una vita per il teatro».

Abbiamo chiesto a Pier Angelo Fontana, direttore della Baldini, come si situa questa riproposizione della figura di Teresa Franchini?

«In vista della ricorrenza dei 50 anni dalla sua scomparsa, nel 2022, abbiamo pensato a una serie di iniziative che, a partire dalla donazione Maggioli, comprenderanno anche la risistemazione del fondo Franchini, costituito anche da appunti e ricordi donati da amici e familiari, e il completamento dell’acquisizione del fondo appartenente ad Alessandro Quasimodo, allievo di scena e legato da amicizia filiale a Teresa Franchini. Segnalo per chi volesse meglio conoscere la figura della grande attrice la lettura dell’opera di Paolo Bosisio “Ho pensato a voi come Gigliola” (2005), comprendente anche il testo autobiografico “Vita di una attrice dai 3 ai 90 anni”, che Franchini scrisse nel 1969».

Ad Alessandro Quasimodo, poeta e attore, figlio del premio Nobel per la Letteratura, abbiamo quindi chiesto come avvenne l’emozionante incontro con l’arte di Teresa Franchini che determinò anche la sua stessa vocazione scenica.

«Mio padre era anche critico teatrale, e giovanissimo vidi al Piccolo Teatro “Processo a Gesù”. Quando Teresa Franchini entrò in scena il lavoro di Diego Fabbri è sembrato decollare come prendendo le ali. Sono rimato incantato dalla naturalezza e spontaneità di lei. Il suo essere così vera mi aveva commosso. Poi rivedendola ne “La casa di Bernarda Alba” con la regia di Strehler ebbi la conferma della sua capacità di dominare la scena. Grazie a Valentino Macchi feci la sua conoscenza una sera al Quirino di Roma, e divenne da allora per me e per la mia famiglia una presenza familiare. Nel corso degli anni, andando via da Roma, fu felice di tornare a Santarcangelo dove spesso l’andai a trovare, specie in occasione dei compleanni dove non mancavano mai nomi come quelli del grande regista Orazio Costa e dello storico Gioacchino Volpe. Mi lasciò sue corrispondenze, perché le conservassi e per mio tramite potessero giungere alla Biblioteca Baldini, come lettere al commediografo Marco Praga, a Diego Fabbri e a Federico Fellini, che la volle come doppiatrice in “8½”. Scriveva a Diego Fabbri di scrivere ancora un lavoro per lei, da porre a disposizione del Festival di Santarcangelo».

Quale fu la sua grandezza di attrice?

«Quando venni a Santarcangelo per la presentazione del libro di Paolo Bosisio mostrai ai ragazzi delle scuole dei filmati di “Tra vestiti che ballano” dove lei ed Emma Gramatica facevano a gara per mostrarsi una più brava dell’altra. Oggi appare una sconosciuta in televisione, e si dice che è una grande attrice. Ma l’avete mai vista una grande attrice? Io sì. In tournée a Parigi con la Compagnia Morelli-Stoppa le fu dato il camerino che era stato della grande Sarah Bernhardt. “C’è Santarcangelo nella mia fotografia interiore”, diceva di sé».

Perché fu anche una così importante insegnante di teatro?

«Non si occupava dei “percorsi mentali” di un personaggio, ma di come si doveva dire una battuta, di come trasmetterne non solo il suono, ma quello che c’era dentro. Ho voluto incidere in un cd i nastri conservati di alcuni dei suoi grandi momento recitativi, come ne “La figlia di Iorio” dove fa entrambe le voci, di Mila e Ornella. Una cosa da brividi, con un’inaudita capasità di dare a ogni sfumatura, a ogni battuta, il valore di una ricostruzione emotiva, cavando nell’intimo di ogni personaggio, facendo vivere le parole. Dalle sue mani sono passati praticamente tutti gli attori del Centro Sperimentale di Cinematografia, e nomi come Alida Valli, Andrea Checchi, Gabriele Lavia e Mario Girotti, in arte Terence Hill».

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