Tenuta Santini, il cuore per il Sangiovese e la mente per la Rebola

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Intorno al “tavolaccio” proprio al centro di quella che fu la vecchia stalla, Sandro Santini accoglie i colleghi e gli ospiti della sua cantina, e qui raccoglie storie e testimonianze, pensieri su assaggi di bottiglie, progetta. «Non sono nato coi piedi nel tino», dice di sé e racconta come, dopo aver girato a lungo altrove e di come, proprio l’11 settembre del 2001 ignaro ancora che pure tutto il resto mondo stesse cambiando, avesse deciso di tornare alla sua terra e continuare quello che altri avevano cominciato nel 1961. Al suo fianco c’è la moglie Alessandra Faccioli, bolognese ormai naturalizzata romagnola, che cura anche i dettagli dell’agricampeggio con cinque piazzole di sosta per camper che da una decina di anni ha trovato spazio come attività collaterale al lavoro della cantina. Azienda vitivinicola quindi a “molteplice attitudine”, «una via quasi obbligata per noi piccoli produttori», dice Sandro. Una scelta di accoglienza che nasce però anche da una convinzione profonda e cioè che l’entroterra riminese valga almeno quanto la costa e che sia cosa buona farlo sapere.

Progetto Rebola prima meta

Idea che si è concretizzata, e con evidenti risultati fin dal primo anno, con il Progetto Rebola condiviso dalla Strada dei vini di Rimini con il Consorzio Vini di Romagna di cui lui, «rebolista giovane», si è fatto capofila. «La Rebola è sì una produzione enologica che ci accomuna, e proprio per questo possiamo usarla come grimaldello per attirare turisti anche nell’interno. Il primo anno di condivisione e lavoro è stato bello e impegnativo. Abbiamo trovato una unità fra tanti produttori differenti, oggi siamo in 16, e abbiamo ottenuto anche buoni risultati: molti la loro scorta di Rebola l’hanno venduta tutta entro l’anno. Abbiamo saputo creare una domanda raccontandoci – spiega Santini –. All’interno di questo progetto riusciamo a preservare le peculiarità di ciascuno di noi sul prodotto, ma condividiamo l’immagine e ragioniamo insieme su come collocare questo nostro vino identitario». Il secondo anno di progetto parte con una nuova bottiglia comune con stampigliato in rilievo il nome “Rimini” che verrà lanciata ad aprile con l’uscita in commercio dell’annata 2021. Oggi di Rebola, i vignaioli riminesi ne coltivano complessivamente 70 ettari. «La questione secondo me al momento non è tanto piantarne di più, quanto valorizzare quella che già si produce e che in molta parte viene conferita alle cantine sociali», sottolinea Santini.

La cantina

Bere bene è certamente uno dei motivi per cui i turisti del nuovo millennio si muovono alla scoperta dei territori. Alla Tenuta Santini lo hanno capito perfettamente e ogni anno ospitano decine di famiglie, soprattutto straniere, che parcheggiano il loro camper fra il casolare e la vigna e vanno alla scoperta della zona, spaziano anche oltre regione, ma soprattutto assaggiano i vini che qui nascono e maturano. Santini oggi ha un vigneto di 28 ettari, curato dall’agronomo Remigio Bordini, mentre in cantina pensa i suoi vini insieme con l’enologo Lorenzo Landi. Dalla vendemmia 2023 etichetterà biologico. Le vigne, Sangiovese in massima parte, poi qualche ettaro sparso di syrah, merlot, cabernet franc e cabernet sauvignon e ovviamente grechetto gentile per la Rebola, sono esposte in circolo a sud e sud-ovest, quindi al sole di estati sempre più calde e siccitose. «I miei sono vini figli del garbino e dell’argilla dei nostri suoli, potenti come piacciono a me», conferma Sandro Santini. Terra in cui cresce molto bene anche l’ulivo, e infatti un ettaro è occupato proprio da 400 piante di frantoio, leccino e un poco di correggiolo, da cui in azienda si estrae (con le olive molite al frantoio Pasquinoni) un ottimo olio dal gusto deciso e caratteristico.

I vini. In principio fu il “Beato Enrico”, il suo primo Sangiovese superiore imbottigliato nel 2002, poi il “cocco di casa” è diventato il Corneliano, riserva sempre di Sangiovese con una punta di Syrah ad ammorbidire una bevuta potente e speziata. Orione è un progetto più giovane, preso a cuore in particolare da Alessandra, che insegue una maggiore leggerezza. Poi c’è la giovane di casa, Isotta, la Rebola che ha una sua etichetta da quattro anni. L’ultima vendemmia è ancora sulle fecce fini e sarà pronta a primavera ma già rivela tutta la semiaromaticità del grechetto. La vinificazione in riduzione nei tini d’acciaio, è stata scelta apposta per estrarre tutti quei profumi che sedurranno il bevitore della prossima estate a suon di freschezza e fiori di sambuco.

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