Tecnologia a supporto delle mani: la riabilitazione

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Braccio, gamba, anca: la frattura di un arto o di un’altra parte del corpo è un evento spiacevole che può capitare a chiunque anche svolgendo semplici azioni. La guarigione da una frattura richiede cure, tempo, pazienza, talvolta un intervento chirurgico e quasi sempre un lavoro riabilitativo e fiosioterapico preciso. Per saperne di più ne parliamo con Filippo Bertini, fisioterapista attivo sul Ravennate e che ha lavorato con vari atleti professionisti.

Quando si incorre in una frattura, quale tipo di intervento fisioterapico è necessario?

«Per semplificare la spiegazione, si possono considerare due grandi famiglie di fratture: la prima, di pertinenza prettamente chirurgica dove è necessario un intervento (con l’utilizzo di chiodi, placche e altri mezzi di sintesi) focalizzato a ridurre la frattura e per permettere la guarigione corretta del segmento osseo interessato; e la seconda dove il trattamento è di tipo conservativo, in quanto la frattura viene trattata con gesso, fasciature rigide tutori e/o immobilità temporanea. In base ai tipi di frattura, il trattamento del fisioterapista cambia in modalità e tempistiche».

I trattamenti fisioterapici e riabilitativi utilizzati tengono in considerazione anche le caratteristiche dei singoli pazienti?

«Dopo 25 anni di esperienza nel campo della fisioterapia e della terapia manuale, posso tranquillamente affermare che non si può lavorare per protocolli, ma che si devono rispettare i tempi biologici e conoscere le linee guida. Ogni paziente è diverso per caratteristiche morfologiche, per abitudini, per età, per sesso, per personalità e anche per tipo di patologia, ed è per questo che personalmente creo il progetto riabilitativo migliore direttamente su ogni ognuno di loro. Non esistono due persone uguali, due patologie uguali e nemmeno due modi identici di affrontare la malattia. È fondamentale personalizzare i vari tipi di trattamento mettendo al centro la persona».

Quali sono le nuove tecniche e terapie strumentali utilizzate per la riabilitazione delle fratture?

«Da qualche anno esiste una terapia strumentale di nuova generazione e di nuova concezione, che si chiama Limfa Therapy. Si tratta di una tecnologia all’avanguardia nel trattamento delle fratture ossee, esclusivamente italiana, che ha la capacità di accelerare la riparazione dei tessuti mediante l’utilizzo di 29 sequenze di segnale uniche e brevettate. Il protocollo di trattamento prevede soltanto 3 applicazioni settimanali di soli 25 minuti per 4 settimane complessive. Diversamente dalle tecnologie tradizionali che si basano semplicemente sulla cessione di energia ai tessuti, Limfa Therapy si basa sulla stimolazione cellulare e attiva tramite le sequenze Limfa i naturali processi riparativi biologici, riducendo notevolmente i tempi di recupero».

Si tratta di un macchinario che ha già dato buoni risultati?

«Sono stati fatti una serie di studi randomizzati in doppio cieco, che hanno infatti evidenziato un’efficacia superiore del 100% rispetto alle magnetoterapie tradizionali, anche in casi di pseudoartrosi e ritardi di consolidazione. Inoltre questa innovativa tecnologia può essere utilizzata anche in presenza di placche metalliche e mezzi di sintesi».

Questa macchina sostituisce il lavoro manuale?

«Come spiegato prima, il mio approccio è “pazientecentrico”, in quanto il soggetto viene messo al centro di tutto il percorso riabilitativo. Durante l’anamnesi vengono valutati tutti i vari fattori che possono influire sulla riabilitazione. Oltre a soffermarmi sulla parte puramente biologica (la calcificazione della frattura), pongo particolare attenzione a tutti gli aspetti posturali, ai compensi e allo schema motorio alterato. Per fare ciò, lavoro prettamente con le mani. Quindi macchinari e lavoro manuale possono integrarsi, ma il primo non sostituirà mai il secondo, specialmente se si pensa alla rieducazione funzionale e agli esercizi terapeutici propedeutici che sono alla base della prevenzione di altri infortuni».

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