Tassa soggiorno non versata a Ravenna, Scialfa a processo

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Sono gli unici tra gli albergatori di Ravenna coinvolti nell’inchiesta sul mancato versamento della tassa di soggiorno ad avere scelto di andare a dibattimento per difendersi dall’accusa di peculato. L’ex presidente di Federalberghi, Nicolò Scialfa ed Edgardo Scialfa, soci e amministratori degli Hotel X di Punta Marina, del family hotel Bikini e Tropicana di Lido di Savio, compariranno davanti al collegio penale presieduto dal giudice Cecilia Calandra, difesi dall’avvocato Fabrizio Briganti.

Il processo si è aperto ieri, con il riepilogo degli “arretrati” che hanno fatto scattare nel 2018 le denunce da parte di Ravenna Entrate. Ne ha parlato un funzionario dell’ente concessionario della riscossione delle imposte per conto del Comune, seguito dall’ispettore superiore della polizia locale che una volta ricevute in blocco l’elenco di tutte le strutture ricettive morose, ha seguito gli accertamenti informando l’Autorità giudiziaria.

Si parte da cifre tutto sommato irrisorie: 146 euro, parte residuale di un debito saldato in parte dall’X Hotel dopo la notifica della diffida che chiedeva conto dei 2.846 euro di tassa non versata nel terzo trimestre del del 2015. Più sostanzioso l’ammontare del debito nell’anno successivo, frutto di un incasso «inizialmente non dichiarato - ha riferito ieri il funzionario di Ravenna Entrate - e poi in parte versato nel 2018 prima di ricevere la nostra diffida». Si parla di 2.463 euro sempre dell’X Hotel, relativi il terzo trimestre del 2016 e altri 22mila euro circa dovuti per lo stesso periodo dal Bikini.

Il solo ritardo di un giorno rispetto alla scadenza per il versamento dell’imposta di soggiorno - fissata dal regolamento comunale al 15esimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento - ha fatto scattare la denuncia per peculato. Un accertamento che Ravenna Entrate ha effettuato solo tre anni dopo l’entrata in vigore della tassa, e che ha portato a valanga una serie di oltre 50 denunce per peculato. Gran parte dei colleghi già finiti di fronte al giudice per l’udienza preliminare e che a suo tempo hanno saldato, seppure in ritardo, quanto dovuto sono stati assolti, venendo a mancare (questa in sintesi la motivazione del giudice) la volontà di appropriazione. FED.S.

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