Stiamo a casa per salvare l'Italia

Stiamo a casa per salvare l’Italia. Stiamo a casa per salvare le nostre democrazie e i nostri valori (quelli veri). Le belle giornate, l’infondata percezione della sconfitta del virus, l’insofferenza alla clausura rischiano di vanificare i sacrifici fatti finora. A differenza della Cina l’Italia ha scelto una strada meno rigida. Il nostro Paese ha tolto ai suoi cittadini molte libertà, è vero. Ma si può uscire per fare la spesa, si può fare un salto in farmacia, si può andare a comprare il giornale, si può uscire per prendere un po’ di aria davanti casa, molte attività lavorative sono ancora aperte… Tutto ciò non è paragonabile a quanto è stato fatto a Wuhan dove si è usata la forza dello Stato in maniera decisa.

L'Italia e il cosiddetto mondo occidentale hanno scelto una strada che tende a responsabilizzare il cittadino. Dobbiamo meritarcelo. Aver scelto questa strada ci ha fatto sentire meno reclusi degli amici cinesi ma tutto ciò significa anche che i tempi per tornare alla normalità sono probabilmente più lunghi.
È vero, i dati dicono che i nuovi contagi stanno diminuendo ma quella curva deve scendere ancora. I numeri dicono che le misure restrittive hanno portato dei risultati positivi nella lotta al virus. Ma cedere adesso rischia di vanificare tutto. Anticipare i tempi per una mangiata con i familiari, per incontrare gli amici, per fare una passeggiata al mare o fare un picnic potrebbe interrompere la tendenza positiva di cui parlano in questi giorni le statistiche. E se il virus tornasse a crescere avremmo vanificato tutti gli sforzi di questo ultimo mese: un disastro. Un disastro sanitario perché gli ospedali non sono ancora usciti dall’emergenza. Un disastro economico perché un conto è far ripartire a pieno regime l’economia dopo 2 o 3 mesi di stop, un altro conto è farla ripartire un po’ alla volta (magari al 50 per cento) stoppandola di tanto in tanto per la recrudescenza del virus. Come per un corpo debilitato da una brutta influenza, meglio aspettare un po’ prima di uscire e tornare alla vita normale rischiando una ricaduta.
Insomma, resistiamo ancora un po’. I giorni persi per stare meglio li guadagneremo dopo con gli interessi. Più attenti e cauti saremo ora e prima torneremo alla normalità.
Ma c’è un altro motivo per fare i bravi. Se le aziende non potranno ripartire a pieno regime prima possibile si rischia di assestare un colpo mortale alle nostre imprese. Già sono messe all’angolo da una tassazione e da tante norme che aiutano chi in Italia viene a vendere e non chi in Italia produce. Farle lavorare per lungo tempo in una società “inceppata” dal Coronavirus le renderebbe vulnerabili ancor di più alla concorrenza sleale fatta da quei paesi dove non c’è una vera democrazia, dove le norme sanitarie, ambientali e lavorative sono ai minimi termini, e alla concorrenza sleale fatta da quelle aziende che vendono in Italia e pagano le tasse in altri paesi impoverendoci tutti.

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