Quando scompare una persona che hai conosciuto si addensano ricordi ed emozioni che fai fatica a mettere insieme in un ordine razionale. Mi è capitato così per Rino Tommasi, Lea Pericoli e Gianni Clerici. E’ così anche per Nicola Pietrangeli con il quale ho avuto modo di parlare diverse volte, ma ora mi ricordo solo gli episodi più particolari.
Nicola Pietrangeli, come tutti i campioni che viaggiavano mezzo metro sopra gli altri, come leggerezza, non come superbia, amava parlare di tennis, ma anche della vita. Allora ripenso al 2013, Nicola Pietrangeli era a Rimini per la conferenza stampa di presentazione di Italia-Usa dell’allora Fed Cup, in qualità di Ambasciatore del tennis italiano nel mondo. Eravamo in prima fila, gli feci una domanda su come stesse Pupino, il gatto adorato, adottato con Licia Colò. E lì siamo partiti sui ragionamenti e le preoccupazioni di chi ha i gatti a casa. Lui non sarebbe mai andato via per più di un giorno perché doveva accudire Pupino, in lui riconobbi l’ansia e l’amore di chi ha gli animali a casa. Pupino morì a 20 anni. Per Pietrangeli fu un grande dolore, fu cremato ed ora le sue ceneri stanno in un sacchetto dentro la Coppa vinta a Monte Carlo.
Ecco, se devo avere un ricordo di Pietrangeli penso alla sua umanità che sgorgava fuori incontrollata come i fiumi carsici, che spuntano all’improvviso e poi si infossano. Non aveva mai paura di dire tutto quello che pensava, anche che preferiva Musetti a Sinner per quel rovescio a una mano fatato che lo faceva tornare ragazzino. Come tutti i grandi anche sui suoi funerali è stato un campione: “Il mio funerale, tra mille anni, si farà allo stadio Pietrangeli. Perché c’è parcheggio – ha detto il 3 maggio in una ospitata in Rai - poi perché ci sono tremila posti a sedere. Mi dispiace che non potrò assistere, per vedere chi viene e chi no. In caso piovesse, potremmo rimandare... Nel sottopassaggio ci sarà la bara. La musica la sto decidendo anche se ‘My way’ all’uscita non sarebbe male”.