MotoGp, Flamigni: "Bezzecchi è furbo e intelligente"

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Ha la voce roca per i troppi canti di gioia e una grande felicità Matteo Flamigni, capotecnico di Marco Bezzecchi. Il modiglianese è l’ex elettronico e telemetrista di fiducia di Valentino Rossi e ha iniziato una nuova avventura a fianco del riminese, quella di capotecnico, e in Olanda è arriva una enorme soddisfazione. Se Luigi Dall’Igna ha un caratteristico pizzetto ormai iconico, lui ha una mosca indistruttibile altrettanto caratteristica. Impossibile non chiamarlo dopo un risultato come quello centrato in Olanda.

Un podio da rookie è davvero un grande traguardo non crede?

«Siamo tutti felicissimi, abbiamo festeggiato cantando e bevendo birra, mentre smontavamo i box. Presto faremo la festa vera. E sono ancora un po’ incredulo».

Lo scorpione di Viserba ha dimostrato di essere già competitivo in questa MotoGp: è una sorpresa anche per lei?

«Bez è forte e ha un gran talento. È molto intelligente, ascolta e poi cerca di mettere in pratica ciò che gli viene suggerito. È uno che consolida ciò che apprende, senza alti e bassi. Ogni volta cresce un po’ e il risultato di domenica è frutto di questa impostazione. Si era già vista qualcosa del suo potenziale al Mugello e in altre gare in cui eravamo entrati nella top ten».

Con Marco ha iniziato una nuova avventura professionale, come è nata l’idea?

«Quando Vale si è ritirato si è conclusa la nostra lunga collaborazione di quasi 19 anni e volevo mettermi alla prova con una nuova sfida. In passato avevo seguito per tre anni Max Biaggi, prima Capirossi, Melandri, Barros, Cadalora, Chili e Liverani. Proprio con quest’ultimo (pilota Superbike di Modigliana degli anni ‘90, ndr) avevo iniziato, da laureando in ingegneria elettronica, a occuparmi di telemetria e gestione del motore. A 52 anni, con 30 anni di gare sulle spalle, volevo testarmi su altro, così sono diventato capotecnico: devo organizzare tutta l’attività del box, non solo il propulsore, ma il telaio, la pressione delle gomme, che è importantissima in questa MotoGp, i freni e altro ancora. Cerco di mettere a frutto l’esperienza accumulata lavorando con tanti capitecnici di spessore».

Quali caratteristiche ritrova in Marco dei piloti con cui ha lavorato in passato?

«Ha la velocità nei curvoni che era di Vale, la staccata alla Barros, e può ancora migliorarla, è metodico nella messa a punto dell’elettronica come lo erano Biaggi e Vale. Rivedo in lui tante caratteristiche dei migliori».

Chi è, secondo lei, il vero erede di Valentino fra Pecco Bagnaia e Marco Bezzecchi?

«Vale ha lasciato un’eredità enorme alla MotoGp: i piloti dell’Academy Vr46, che sono velocissimi e fanno divertire gli appassionati. A loro non manca nulla per ambire a diventare come lui. Certo devono crescere. Dovranno essere bravi a gestire la pressione, i duelli corpo a corpo e la stampa, come era Rossi».

Si ricorda il suo primo incontro con il pilota riminese?

«Certamente fu in Austria lo scorso anno, quando c’era la possibilità di vederlo passare in MotoGp con me come capotecnico. Parlammo a lungo. Gli dissi di venire in questa categoria. Era carichissimo e aveva un occhio vispo. Uno sguardo che colpiva per furbizia e intelligenza. Qualcosa che non vedo in tutti i piloti».

Marco dall’esterno appare un ragazzo genuino e quasi timido, come il padre Vito, una presenza sempre discreta al suo fianco: è proprio così?

«Bez può apparire timido all’inizio, ma si apre in fretta. Vito è una bella presenza al suo fianco e con l’aiuto della moglie Daniela ha dato a Marco valori bellissimi come il senso della famiglia e dell’amicizia. Non sono tanti i giovani che li hanno. È uno di noi (inteso un romagnolo visto che nel box Vr46 del riminese ci sono anche il rugbista forlivese Filippo Berti e Luca Casali di Santarcangelo, ndr) uno di Viserba».

Da bravo romagnolo lei ha una grande passione per la bicicletta, quando è nata?

«Fu il 31 maggio del 2000: decisi di smettere di fumare e non era facile, ero con Max nel Marlboro Yamaha, le sigarette ce le regalavano e così ho scoperto la bicicletta. Anche ora, appena torno dall’Olanda, corro a farmi due ore di pedalata per pulire la mente dalla fatica».

Una domanda scomoda: quando arriverà la prima vittoria di Marco in MotoGp?

«Al di là delle prestazioni bellissime che abbiamo fatto non dobbiamo dimenticare che abbiamo un libro bianco in mano. Siamo una bella squadra giovane, un gruppo affiatato, ma non abbiamo, come altri, i dati di una gara dello scorso anno. Anche a Silverstone dovremo scoprire tutto in poche ore. Normalmente è un lavoro che ne richiederebbe sette o otto. Se poi dovesse piovere per alcuni turni, sarebbe ancora più dura. Quindi vediamo cosa possiamo fare».

La Gp21 che avete è molto inferiore alla Gp22?

«Credo sia la motocicletta giusta per un rookie. Con questa ci si concentra solo sulla messa a punto, con la nuova sulla componentistica appena progettata e sugli inevitabili problemi di gioventù: va benissimo così».

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