La morte di Marco Pantani tra vicoli ciechi, bugie e millantatori: ecco perché a Rimini hanno sempre archiviato

Vicoli ciechi, testimoni non attendibili che confondono i ricordi con le deduzioni, informazioni riportate di seconda mano e tante invenzioni di mitomani, collaboratori di giustizia, curiosi e millantatori. In una tale selva si è dovuta orientare la Procura della Repubblica di Rimini che per la terza volta ha indagato, mandando ad archiviare tutto, sulla morte di Marco Pantani, avvenuta nel 2004.

La battaglia di mamma Tonina

A spingere per un’apertura del caso 10 anni dopo la morte e poi ancora nell’anniversario dei 20 anni dalla scomparsa del “pirata”, sempre mamma Tonina che ha cambiato spesso avvocato rimanendo però fedele al suo intento «sapere prima di morire chi ha fatto del male al mio Marco». L’ultima indagine aperta dopo un esposto della donna, rappresentata stavolta dall’avvocato Fiorenzo Alessi è stata affidata al pm Luca Bertuzzi che ha ascoltato nuovi e vecchi testimoni, ha raccolto interviste di chi pensava di avere delle novità sul caso, ha interrogato collaboratori di giustizia e detenuti alla ricerca di una pur minima traccia plausibile. Contemporaneamente poi c’è stata anche una commissione di inchiesta parlamentare che non ha concluso un granché anzi ha complicato la vicenda processuale con sibilline deduzioni. Pantani morì per un mix di farmaci e cocaina e «la sua tossicodipendenza era stata accertata fin dall’immediatezza dai tanti testimoni».

Le due donne, il suicidio e le smentite

Quest’ultima inchiesta, la terza quindi, ha approfondito, come chiesto dall’avvocato di mamma Tonina, le testimonianze delle persone che negli ultimi giorni di vita ruotarono intorno a Pantani. Sono quindi state vagliate le testimonianze di un uomo che all’epoca dei fatti aveva accompagnato due donne al residence “Le Rose” a prelevare un borsone e un marsupio. Due ragazze che potevano sapere qualcosa della droga venduta a Marco. La Procura le ha rintracciate, scoprendo che una delle due si è suicidata gettandosi da un viadotto nel 2018, e l’altra invece negò tutte le circostanze. Vicolo cieco appunto.

Mitomania

Tra la mitomania e la confusione mentale anche la vicenda verificata dalla Procura e raccontata da un detenuto tunisino, Habib Zbiba che aveva riferito di come suo fratello fosse stato avvicinato da poliziotti riminesi e che questi gli avessero commissionato l’omicidio di Pantani per cancellargli una condanna di 11 anni. Zbiba aveva detto addirittura che Pantani era stato ucciso da un certo “Sami” perché il fratello si era rifiutato. Dalle indagini è emerso che non solo il fratello di Zbiba non ha mai avuto una condanna a 11 anni ma che non era mai neanche stato schedato in Italia. E così ora, dopo che è stato chiesto al gip di archiviare anche la terza indagine, la famiglia sta provando a far riaprire il caso a Trento nell’ambito dell’inchiesta per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine. La Procura trentina ha già sentito 10 persone e molte di queste erano già state interrogate a Rimini.

Le ombre di Madonna di Campiglio 1999

A Trento però si sta indagando non sulla morte, bensì sulla clamorosa esclusione del Pirata al Giro d’Italia del 1999, dopo la nota scoperta di valori di ematocrito troppo alti. Al centro dell’inchiesta un presunto giro di scommesse della camorra che puntava ad evitare la vittoria del campione di Cesenatico al Giro.

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