Baroncini: «La gamba è buona: per il tricolore ci sono anch’io»

A volte la testa ha bisogno di staccare ancor prima delle gambe. Così, quando il Giro d’Italia 2025 si è chiuso a Roma con i suoi 3443 chilometri, Filippo Baroncini ha scelto di rimanere qualche giorno nella capitale, lontano dai ritmi forsennati del gruppo. Una passeggiata tra i Fori con la fidanzata Alessia, un paio di piatti fuori regola «una gricia e una carbonara» e il gusto raro di sentirsi semplicemente ventiquattrenne.
Ma l’idillio è durato poco. Perché Baroncini, classe 2000, nato a Massa Lombarda, ha nel Dna quella fame sportiva che lo spinge sempre oltre. Dopo il relax romano, è tornato in Romagna per una settimana di uscite leggere, prima di ricominciare a pieno carico. La forma è cresciuta e i frutti sono arrivati presto: il successo al Baloise Belgium Tour, la sua prima affermazione a tappe tra i professionisti, ne è la prova tangibile. Non una vittoria casuale, ma il segnale di chi ha saputo trasformare la delusione di un inizio di stagione compromesso dalla malattia in nuova linfa. E adesso? C’è il week-end tricolore, con la prova a cronometro e la prova in linea. Due occasioni per misurarsi con i migliori e alzare ancora l’asticella. Lo abbiamo raggiunto alla vigilia della sfida.
Filippo, come ha gestito la settimana post-Giro?
«Mi sono preso qualche giorno a Roma con la mia ragazza Alessia, per rilassarmi un po’. Oltre a qualche monumento, non mi sono negato una gricia e una carbonara. Ma poi, tornato in Romagna, ho fatto una settimana di uscite in scioltezza e la settimana dopo ancora ho ripreso a pieno carico. La condizione, infatti, è tornata buona e il Giro appena vinto ne è la dimostrazione».
Si riferisce al successo in Belgio? «Sì, è il frutto del lavoro fatto dopo il Giro. Vuol dire che ho recuperato bene. Correre per la UAE Emirates significa avere sempre un certo livello di aspettative, ma per me non è un peso. Anzi, è uno stimolo a essere in squadra con i ragazzi più forti al mondo. L’unica pressione è quella che mi metto da solo».
Ha appena vinto il tuo primo giro a tappe da professionista. Che sapore ha questa vittoria in Belgio e cosa rappresenta per lei?
«È una vittoria diversa dal solito. Vincere una corsa a tappe è più stressante rispetto a una corsa singola perché devi stare attento a tante cose. Però una volta che passi l’ultimo traguardo, l’adrenalina è la stessa di quando vinci una gara di un giorno».
Domenica ci sono i campionati italiani: come ci arriva?
«Per la cronometro si punta decisamente in alto. So di avere una buona gamba in questo momento, ma ci saranno anche corridori come Ganna e Affini che vanno fortissimo. Quanto alla prova in linea, penso che il percorso possa adattarsi bene alle mie caratteristiche: 229 km con la salita di San Floriano del Collio, 3,7 km al 5% con punte all’8%».
Una salita che ricorda da vicino l’altimetria della Tre Monti, dove da Juniores se la cavò benissimo a Massa Lombarda. Ricorda qualcosa?
«Vero. È sicuramente un tipo di percorso che mi piace. E in una scala da 1 a 10... mi darei un bel 8 e mezzo. So che posso fare bene, ma ogni corsa va guadagnata chilometro dopo chilometro senza mai dare nulla per scontato».