Dopo cinque mesi infernali vissuti nell’incertezza più totale, abbandonati a se stessi, tra penalizzazioni che si moltiplicavano come funghi, stipendi promessi e mai arrivati, e speranze sgretolate una dopo l’altra, ieri, alle 12, giocatori e staff tecnico del Rimini hanno appreso con una telefonata che la loro avventura era arrivata al capolinea.
Il capolinea del Rimini, D’Alesio: “Siamo stati presi in giro”
Tutta l’amarezza di D’Alesio
«Eravamo rientrati da poco negli spogliatoi dopo l’allenamento - racconta il tecnico biancorosso Filippo D’Alesio -quando è arrivata una telefonata dall’Associazione Italiana Calciatori che ci ha avvertito che la società era stata messa in liquidazione. All’inizio abbiamo pensato a un disguido perché non solo nessuno di noi non sapeva nulla ma, anzi, ci era stato assicurato che la gestione sportiva sarebbe continuata senza problemi. Sono, siamo, tutti sconvolti, amareggiati e anche arrabbiati perché certe cose nel 2025 non possono succedere. Da luglio abbiamo vissuto una situazione imbarazzante che non augurerei neppure al mio peggior nemico. Siamo stati abbandonati a noi stessi, vivendo nell’incertezza più totale, tra promesse sempre disattese e stipendi che ancora ci devono essere pagati. Anzi, venerdì (domani, ndr) sarebbero dovuti arrivare i soldi di settembre e ottobre e, invece, così il rischio è di non ricevere neppure quelli. Abbiamo provato a contattare tutte le persone coinvolte in questa situazione ma nessuna ci ha risposto. Finire così è una coltellata che non meritavamo, come non lo meritava la città e soprattutto i tifosi. Siamo stati presi tutti in giro. Noi, io, i miei collaboratori e i ragazzi, abbiamo sempre dato l’anima per onorare questa maglia e questi colori, e questo nessuno potrà mai togliercelo».
Le parole del capitano
Da D’Alesio a capitan Gabriele Bellodi. Stessa rabbia, stessa delusione, stessa amarezza del difensore centrale biancorosso.
«A questo punto è la degna conclusione di una situazione penosa. Mi chiedo solo come sia possibile, dopo tutto quello che è accaduto in questi ultimi anni, che certe situazioni possano ancora verificarsi. È dal ritiro che viviamo un inferno fatto di parole che non hanno mai avuto un seguito, di promesse mai mantenute, di un abbandono totale. Senza contare il fatto che non percepiamo soldi da agosto. Adesso l’importante è che ci diano una deroga per permetterci di accasarci fin da subito, senza attendere gennaio. Molti di noi hanno famiglia, ci sono ragazzi che con quei soldi vivono il loro quotidiano. Il rischio è che non ci vengano mai corrisposti. Mi chiedo: ma chi doveva controllare, dove era? Rimane tanta amarezza per i nostri tifosi e per la città perché una fine così ingloriosa non se la meritava nessuno».
Così finisce un incubo lungo cinque mesi, consumato nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto proteggere un sogno e invece lo ha lasciato morire. Ma negli occhi di chi c’era resta qualcosa che nessuna liquidazione può cancellare: l’orgoglio di aver resistito fino all’ultimo tenendo alti i colori del Rimini.
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